Questo
evento
è
stato
fortemente
voluto
dal
Presidente
della
Pro
Loco
di
Cassano,
a
un
anno
di
distanza
della
scomparsa
di
Gianni
Brusamolino,
per
ricordare
il
nostro
concittadino, artista che ha operato incessantemente per oltre settant’anni.
La
mostra
si
articola
in
cinque
nuclei
distinti:
dipinti
realizzati
tra
il
1940
e
il
1950
raffiguranti
scorci
di
Cassano
d’Adda,
opere
degli
anni
’60
sul
tema
del
fiume,
dipinti
di
periodi successivi, grafiche e sculture bronzee anche monumentali.
Il
legame
stretto
di
Gianni
Brusamolino
con
la
Città
di
Cassano
d’Adda
è
ampiamente
documentato
attraverso
le
opere
che
l’artista
realizza
soprattutto nei primi anni della sua iperbole artistica.
Il
Castello
di
Cassano
,
dalle
pennellate
dense
e
corpose,
si
staglia
imponente
e
maestoso;
viene
rappresentato
con
diverse
prospettive
che
rendono
la
composizione solenne.
Il
carboncino
su
carta
raffigurante
la
Festa
del
paese,
probabile
studio
per
un
dipinto,
ci
proietta
indietro nel tempo.
Pittore
versatile,
ha
iniziato
con
paesaggi
locali
e
urbani
per
approdare
alla
tematica
ampiamente
sviluppata
del
fiume,
intesa
come
allegoria
del
divenire, legata quindi allo scorrimento della vita.
Acqua
e
terra
sono
due
soggetti
indagati
e
declamati
dal
punto
di
vista
delle
figurazioni,
da
un
lato
mutamento
e
trasparenza
dall’altro
staticità
e
opacità
come
Il
campo di grano (1968).
Refrattario
ai
mercanti
d’arte,
ha
sempre
privilegiato
il
rapporto
tra
arte
e
industria,
trovando
come
mecenati
gli
industriali
Paul
Ricard
e
Franco
Spaggiari
che
hanno
valorizzato il suo talento.
Del
1964
è
la
cartella
d’arte
La
giornata
provvisoria
,
contenente
10
acqueforti
e
due
litografie
con
poesie
di
Curzia
Ferrari
presentata
dal
premio
Nobel
Salvatore
Quasimodo:
sono
immagini
appiattite
che
stanno
a
indicare
le
difficoltà
che
l’uomo
incontra
nel
suo
vivere
quotidiano.
La
produzione
grafica
segna
il
passaggio
da
una
visione
sintetica
dell’Uomo
e
del
mondo,
quel
mondo
mutevole,
instabile,
«provvisorio».
L’opera
La
guerre
e
la
paix
è
stata
donata
nel
1972,
su
richiesta
dell’autore,
all’industriale
mecenate
francese
Paul
Ricard
all’ospedale
Zappatoni
di
Cassano
d’Adda:
la
tematica
è
drammaticamente
attuale
e
nella
bidimensionalità
della
tela
si
assommano i valori della famiglia e della difesa.
Dopo
i
soggiorni
in
Francia
Brusamolino
ha
abbandonato
l’enfasi
della
celebrazione
figurativa
che
apparteneva
al
passato
per
affidarsi
completamente
alle
metafore
e
all’allegoria.
Nell’opera
L’incendio
(1980)
emergono
prepotenti
i
gialli
e
i
rossi
delle
lingue
di
fuoco
che
danzano
in
modo
circolare
con
il
nero
dei
prodotti
della
combustione.
È
stata
realizzata
a
Calice
Ligure
che
era
divenuta
in
quegli
anni
una
vera
colonia
di
artisti
italiani
e
stranieri,
galleristi,
critici
d’arte
e
giornalisti
del
settore.
La
maggior
parte
di
loro
soggiornava
nei
mesi
estivi,
altri
vi
rimanevano
per
tutto
l’anno.
Erede
del
pensiero
cubista,
ha
evidenziato
un’espressività
primitiva
ed
essenziale
ed
è
stato
pienamente
consapevole
di
rigenerare
lo
spazio
essendone
il
diretto
artefice.
Il
cubismo
viene
rivisitato
in
chiave
rinascimentale
e,
come
nel
Rinascimento,
Gianni
Brusamolino
celebra
l’Uomo
che
si
difende e che non si arresta
(Allegoria dell’andare).
Le
sue
opere,
sia
di
piccole
dimensioni
sia
monumentali,
danno
risalto
agli
aspetti
ritmici
delle
volumetrie
e
discendono
da
un
pensiero
razionale,
dove
nulla
è
lasciato
al
caso.
Si
percepisce
una
volontà
di
semplificare
compiendo
ogni
volta
un
passo
in
avanti
verso
la
fascinazione
della
purezza
espressiva.
Artista
dotato
di
spiccata
ambizione,
ha
dedicato
l’intera
vita
all’arte
in
tutte
le
sua
sfaccettature
e
ha
prodotto
numerose
opere
mediante
l’utilizzo
di
svariate
tecniche,
mosso
dalla
«curiosità»
e
dal
«mitico
stupore».
La
sua
è
stata
una
ricerca
improntata
su
molteplici
piani
da
quello
semantico
a
quello
semiotico
dell’arte
visibile;
il
suo
linguaggio
plastico
permette
di
ricavare significati che vanno oltre a quello della realtà rappresentata.
Ho
avuto
il
piacere
di
conoscerlo
nel
1994,
di
presentarlo
in
un’importante
esposizione
nel
2002
a
Treviglio
e
nonostante
alcuni
scontri,
inevitabili
visto
il
suo
carattere
impositivo,
ho
apprezzato
il
suo
essere
interprete
poliedrico
dell’arte
del
nostro
tempo.
Brusamolino
possedeva
un
senso
comunicativo
diretto
ed
era
un
ottimista
con
una
grande
carica
di
entusiasmo
e
di
vitalità;
a
volte
diventava
polemico,
esplosivo
e
investiva
l’interlocutore
con
un
fiume
di
parole.
Alquanto
prodigo
nel
dispensare
spiegazioni
riguardanti
le
sue
opere,
si
è
distinto
per
l’alta
qualità
compositiva
il
cui
apice
è
compendiato
nell’opera
Oltre
l’Allegria
(terminata
nel
2000
dopo
una
lunga
gestazione)
e
per
aver
saputo
veicolare
il
messaggio
tramite
il
linguaggio estetico.
È
nella
tridimensionalità
che
si
è
espresso
in
modo
alquanto
incisivo,
le
sue
sculture
infatti
dialogano
con
l’osservatore,
mettendo
in
evidenza
la
maestria
nel
determinare
piani
che
diventano
volumi
e
movimento.
Si
pensi
all’
Avitauro
(1983),
incrocio
tra
un
falco
e
un
toro,
quasi
un
riferimento
al
bestiario
medioevale
le
cui
zampe
stanno
a
significare
aderenza
alla
realtà,
le
corna
la
forza
delle
idee
e
le
ali
la
magia
del
sogno.
Mater
Bosnia
(1992)
è
l’emblema
di
un
popolo
dilaniato
dal
conflitto
bellico
degli
anni
‘90.
Il
Tra-perari
(2003)
è
un
monumento
equestre
che
sta
a
indicare
il
sovvertimento
di
un
ordine
precostituito
per
ricercarne
uno
personale.
Con
il
Lungo
Suono
(1992
-
2002)
ci
fa
comprendere
la
storia
dell’umanità;
la
tromba
annuncia,
chiama
e
incita
alla
difesa.
«l’opera
si
staglia
irruente
e
si
erge
come
monito
immediato.
Gambe
possenti,
piazzate
a
possedere
gli
argini
del
confine,
braccia
levate
a
sostenere
il
mondo,
a
reggere
o
contrastare
il
destino
incombente.
E
improvvisa
la
figura
diviene
tromba
di
guerra,
grido
di
avvistamento
o
di
richiamo,
voce
eroica
o
divina.
Innesca
memoria
e
suggestione
collettiva:
l’impeto
delle
armi,
la
chiamata
alla
difesa
delle
mura,
lo
sprone
e
il
coraggio.
Si
intitola
«Lungosuono»
e
in
grande
sintesi
interpreta
la
storia
dell’umanità.
La
struttura
è
epica
come
la
visione
del
futura
di
Gianni
Brusamolino»
(dalla
didascalia
che
illustra
l’opera
esposta
in
piazza
Matteotti
a
Cassano d’Adda)
La
colonna
Andrèia
(1993),
parola
greca
che
significa
coraggio,
rappresenta
l’uomo
che
si
batte
fino
alla
fine
per
gli
ideali
in
cui
crede.
«Nella
scultura
de
La
Colonna
(altrimenti
detta
Andreia),
le
valenze
figurali
sono
da
ricercare
in
un
conflitto
di
forze
e
di
tensioni
fra
una
situazione
di
stasi,
di
rigidità
e
di
immobilità
segnalata
dallo
sviluppo
verticale
e
nella
sua
solidità,
la
situazione
di
costrizione,
di
legame
violento
fra
questo
e
la
figura
umana,
e
l’energia
repressa
eppure
costantemente
esercitata
in
uno
sforzo
di
emancipazione,
di
liberazione
dal
vincolo.
Ma
si
tratta
ancora,
per
liberarsi
da
una
lettura
squisitamente
tematica,
di
una
scultura
che
mette
insieme
le
due
forze
contrastanti
della
stasi
e
del
dinamismo,
del
peso
e
dell’energia:
un
luogo
dell’esperienza
quotidiana
che,
sotto
le
forme
del
mito
e
dell’archetipo
,
si
presenta
nella
sua
perentorietà,
nella
schiettezza
delle
forme
e
della
loro
costante
rispondenza».
(dalla
didascalia
che
illustra
l’opera
esposta
in
piazza
Matteotti
a
Cassano d’Adda)
Ha
inserito
quasi
ossessivamente,
soprattutto
negli
anni
2000,
ritagli
di
pagine
economiche
di
quotidiani
nei
dipinti
in
quanto
la
nostra
vita
è
permeata
dalla
finanza,
divenuta
ormai
l’idolo
del
nostro
tempo
che
ben
si
evidenzia
nella
tela
il
Re
guerriero
pittore
(1999
-
2000).
È
passato
dall’infinitamente
grande
all’infinitamente
piccolo
occupandosi
negli
ultimi
anni
anche
di
nucleare,
in
particolare
il
bosone
di
Higgs
,
chiamata
«la
particella
di
Dio»
mediante
un’analisi
filosofico-
scientifica
e
una
sinergia
tra
arte
e
scienza;
l’utilizzo
magistrale
della
linea
retta
e
della
curva,
del
pieno
e
del
vuoto,
ci
conduce
al
mondi
informatizzato,
alla
numerazione
binaria,
basata
su
un
sistema
composto
da
due
soli
simboli
1
e
0.
Questo
sistema
di
numerazione,
già
noto
all’antica
civiltà
cinese,
fu
riproposto
nel
XVII
secolo
dal
filosofo
Leibniz
,
il
quale
identificò
l’1
con
la
Divinità
e
lo
0
con
il
nulla.
I
suoni
e
i
silenzi,
che
echeggiano
dalle
opere
di
Gianni
Brusamolino,
destano
la
nostra
attenzione
e
ci
permettono
di
compiere viaggi fuori e dentro noi stessi, nelle pieghe dello spazio e del tempo.
Numerosi
sono
i
musei
in
Italia
e
all’estero,
soprattutto
in
Francia,
che
ospitano
le
sue
opere:
nel
parco
del
castello
di
San
Pietro
in
Cerro
(Piacenza)
sono
installaste
sculture
monumentali
e
ne
Museum
in
Motion
(MiM)
attualmente
due
intere
sale
sono
dedicate
all’artista.
Maria Grazia Colombo 2022