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il 17 agosto di ogni anno si celebra la festa della Madonna del Miracolo | |
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Pescando notizie | |
Pescando notizie e frasi dai documenti del tempo così gustosi
nella loro freschezza dialettale, il prodigio accennato, sarebbe avvenuto
così. Bisogna sapere, prima di tutto, che a quei tempi nel |
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Il fatto | |
Una mattina d'inverno (gli ultimi di gennaio, tempo di
carnevale) Matteo chiama il figlio Francesco, ragazzo intelligente e
spigliato, tanto che è tra i primi a rispondere quando disputa in Chiesa
e gli dice: “Prendi il muletto e vai a Gardone al mercato”. D'inverno i contadini poco hanno da vendere e poco hanno da
spendere, ma sarà stato, forse per prendere ordini dal padrone, Francesco,
fiero di quel fatto di fiducia paterna, non pensa ai E d’impensierirsi il ragazzo non ha torto. A quei tempi
mettersi in viaggio non era impresa da ridere. C'era da segnarsi due volte
e da raccomandarsi a tutti i Santi. Di fatti, per ogni borgo un castellaccio, per ogni
castellaccio un signorotto, per ogni signorotto una masnada di bravacci,
schiuma di ribaldi, avanzi di galera, i quali in teoria, dovevano
difendere i galantuomini e dar la caccia ai briganti, viceversa in
pratica, se la intendevano con costoro per dar addosso ai galantuomini e
dividerne il bottino. Uno che abbia pur del fegato fin che vuole, ma, se ad una
svolta della strada sbucano da una macchia i briganti con i tromboni
spianati, chi lo salva? Il giovanetto fa del suo meglio per darsi un
contegno; ma proprio a farlo apposta, tutte quelle storie fosche di ladri,
di aggressioni, di massacri sulla strada, che ha sentito ripetere nelle
lunghe sere d'inverno, gli passano per la mente. E non è certo
un'allegria. Ad un certo momento, sentite cosa succede. Mentre col cuore
sospeso, sempre col timore di qualche brutto incontro, guarda in sospetto
davanti a sè, ecco là, a poca distanza, proprio in mezzo alla strada per
dove aveva a passare, un'ombra infagottata: che sia un uomo? Si avvicina, si china, guarda; ma sì, è proprio un uomo
lungo disteso! Ecco lì i piedi, le gambe, il tronco, le braccia, la
testa... No, no: la testa non c'è. Possibile? Vi dico che non c'è. I
briganti glie l’han mozzata di colpo, e poi l’han rotolata chissà
dove, forse nel fosso laterale, e al posto della testa c'e una larga pozza
di sangue scuro raggrumato. Oh, Dio: che paura!
Il ragazzo dà un sobbalzo di raccapriccio. Si sente troncare il respiro,
Gli pare quasi che una forza misteriosa lo ghermisca, lo sollevi per
balzarlo di sella, Vampe di fuoco gli accendono il viso e brividi di gelo
gli scuotono le membra. Sente un gran tuffo al cuore: è tutto in un
sudore freddo di morte che gli scorre per la persona. Addio mercato di Gardone! Francesco con uno strattone delle
redini volta il mulo verso casa, dove arriva stravolto, inebetito, più
morto che vivo, a raccontare l'accaduto. Papà e mamma lo lasciano dire;
poi cercano di calmarlo, di distrarlo, di incoraggiarlo, di fargli
dimenticare il macabro incontro. Fatica sprecata. II suo pensiero e
sempre là.
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Le conseguenze | |
Siede per mangiare, e l'ombra del morto gli ferma il boccone
in gola. Si corica per dormire e il morto senza testa gli è lì di
fianco e gli porta via il sonno. A volte il cuore gli batte forte forte e
pare che gli voglia scoppiare in petto: fremiti convulsi gli scuotono con
violenza tutte le membra. Passano i giorni, ma la funesta impressione non
passa: il ragazzo deperisce a vista d'occhio. I genitori impensieriti lo
mettono in mano a un dottore. Si provano tutti i rimedi: non c'è rimedio
che giovi. Perde sempre più sonno e appetito e movimento e parola. Che
sia stregato? Si domandano i genitori. Che sia indemoniato? Proviamo a
farlo benedire! Lo conducono a Brescia da un frate carmelitano, di molta
rinomanza, iI quale, visto il ragazzo in quello stato pietoso dice ai
genitori: “sentite le benedizioni fanno sempre bene, ma se voi non
badate a farlo curare, questo ragazzo, va a finir male”. “Lo sappiamo
anche noi” rispondono “ma
che cosa ci possiamo fare? Abbiamo provato di tutto e va sempre
peggio!”. “V'insegnerò io” propone il frate
“un medico specialista”. E vanno anche dallo specialista, iI
quale non trova di meglio che ordinare un morsetto o morselletto o
morsellata come si diceva allora, o delle pillole, come diciamo noi, da
darsi al ragazzo proprio nei due giorni di Pasqua e di Ascensione, né prima
né dopo. Ecco; per non perdere la stima a quel dottore, giova supporre
che Egli per primo sapesse che il rimedio non contava e che lo ordinasse
tanto per fare contenta quella povera gente. Comunque, volete sapere quale
è stato l’effetto di questi prodigiosi morsetti o pillole che dir si
vogliono? Questo: che fino a quel momento il ragazzo qualche passo,
qualche gesto, qualche parola o bene o male li aveva potuti stentare. Appena ingoiati i morselli, immediatamente, come dicono i
testimoni, diventò mutto e storpio
in modo che non parlò più parola: non poteva né vestirsi né
disvestirsi né andare: non poteva muovere le gambe, né lavarsi se era sentato, né mettersi le mani alla bocca, né mangiare da
per lui; et bisognava imbocarlo se
si voleva farlo mangiare, attesta la sua mamma, e dargli roba liquida,
perchè il pane asciutto non poteva né masticarlo, né farlo passare per la
strozza. Non c'è bisogno d'esser professori di clinica per capire da
questi particolari che qui si tratta di vera e propria paralisi generate
prodotta dallo spavento e umanamente inguaribile.
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Il miracolo | |
Allora, visto che i dottori non possono farci nulla, che cosa
pensano i genitori? Hanno sentito che al sepolcro di S. Carlo in Milano, sono
frequenti le guarigioni miracolose, e fanno voto di condurre il proprio
figliuolo. Detto fatto, si forma una piccola comitiva: Matteo del Campo,
la moglie Elena, il figlio Francesco, i cognati Faustino Bonhomé e sua
moglie: cinque persone. Del ragazzo è perfino descritto come vestiva:
giacca di tela bianco-cilestre, brache
e berretto di baetta (cioè
panno) turchina. Una domenica mattina - 16 agosto 1615 - dopo Messa, la
piccola comunità si mette in viaggio con due muletti, e al trotto e al
passo fa quaranta chilometri di strada per arrivare a sera al porto
dell'Adda, alla ben nota Cascina Cantarana. Quivi abitava un loro
compaesano, Battista Violini, detto appunto il bressano,
il quale fu ben lieto di alloggiare le due donne, i duoi
huomini e il putto. All'ora
di cena dice Battista agli ospiti: “e il ragazzo perchè non viene a
tavola?” “É muto, e paralizzato, non può muoversi”, rispondono. Finito di cenare, andarno
le due donne, mamma e zia, da detto
figliuolo, et con un cugiale
(cucchiaio) ci dettero in bocca un
poco di minestra (ci pare di vederla sbrodolare un po’ da per tutto,
come succede a questi poveretti) et
dopo li diedero da bevere; et
stette là fino a quando non fu menato a dormire et non parlò più.
Le due donne vanno in letto, i due uomini e il ragazzo su la cassina.
Ma che da fare per tirarlo sul fienile? E ancora il Battista Violini che
parla, e pare proprio un'istantanea «Suo
padre andò avanti su la scala et mi aiutai detto figliuolo sostenendolo:
et a pena potè metter li piedi su duoi o tre baselli: et bisognò che suo
padre lo pigliasse et tirasse su per li bracci, et mi aiutare di sotto.
(Provate un po’ a figurarvi la scenetta di quest’ultimo, che
aiutava di sotto!) né
mai parlò
detto figliuolo, et lo fecero dormire così vestito». Quando la comitiva dei cinque bresciani al lunedì mattino 17
agosto 1615 si congedò dall'ospite cortese e partì dalla Cantarana per
riprendere il suo viaggio verso Milano, tragittò il fiume sulla chiatta
quale è figurata sull'affresco seicentesco, che sembra preso dal vero, o
poté passare comodamente sul ponte? Se vogliamo credere all'oste di
Gorgonzola, che Renzo interrogò, per passare l'Adda, c'era il ponte di
Cassano e la chiatta di Canonica, luoghi
dove passano i galantuomini, la
gente che può dar conto di sé («Promessi sposi», cap. 16.o). Ma si
era allora nel 1630, e cioè 15 anni dopo i nostri fatti. Comunque o su
chiatta mobile o su ponte fisso passarono le due donne, i due uomini, i
due muletti e il putto. Fiancheggiando la sponda della Muzza, vennero su dalla strada
degli Orti e imboccarono la via che passa davanti a S. Dionigi, l’unica,
allora, che portava verso Milano. La strada era, ed è tutta in salita,
quindi è naturale che i due muletti che portavano le due donne e il
ragazzo, e i due uomini che venivano dietro a piedi, andassero al passo.
Era l'ora della Messa e Giovanni Pietro Rovello o Ravello, che stava lì
seduto sul muricciolo di sostegno della gradinata, da buon cassanese che
ci tiene a mettere in rilievo le glorie patrie, domanda alla forastiera
che monta il muletto, col ragazzo muto e storpio in braccio: “Volete
fermarvi? Qui abbiamo una Madonna miracolosa, se altre ce n'è”. Elena
si volge agli uomini in cenno interrogativo. Gli uomini accorrono e
aiutano a smontare madre e figliuolo. Ma Francesco, notano tutti i
testimoni, non vuol saperne di entrare in S. Dionigi. A S. Carlo gli han
promesso di condurlo e a S. Carlo vuole andare. Questa riluttanza del
giovanetto ci si presenta come una circostanza del massimo interesse. Essa
viene a dirci che trascinato e quasi portato a forza nella Chiesa contro
la sua volontà era ben lontano dall'essere suggestionato dalla propria
fantasia e dal proprio desiderio: anzi era in quello stato di indifferenza
e di sfiducia, se non di incredulità, che manifestò S. Tommaso prima
della apparizione di Gesù, la quale è la prova più sicura della realtà
del miracolo. Girolamo Mapello, testimonio giurato depone «Lunedì
mattina p.p. trovandomi in detta Chiesa quà di S. Dionisio di Cassano,
viddi arrivare alla porta di delta Chiesa due huomini et due donne et un
figliuolo... et viddi che detto figliuolo era menato et sostenuto da
alcuni delli suddetti che erano seco, et viddi che detto figliuolo non
voleva venir in detta Chiesa; et mi allora levai su et andai Ià per
curiosità, et vidi per menarlo pian piano detto figliuolo in detta chiesa
e giunti al lavello dell'acqua santa, gli pigliarno dette donne una mano
et gli fecero toccar I'acqua santa et lo segnò tenendoli dette donne la
mano». Giunti alla Cappella della Madonna mentre il sacerdote usciva
per celebrare Immaginate la sorpresa e la gioia di quella brava gente,
quando vedono il giovinetto, da vari mesi storpio e muto muoversi
speditamente e lo sentono pregare a voce spiegata, come se non fosse mai
stato malato. I cassanesi, che erano in chiesa si stringono intorno al
gruppetto e si fanno raccontare. Matteo del Campo guarda il figliolo e
quasi non sa credere a propri occhi: consegna a Francesco un
dinaro da offrire nello zocco (cassetta) che
è in detto altare e, attesta
G.P. Ravello, «Viddi che detto flgliuolo levò su da se stesso et andò
offerir in detto zocco et tornò da per lui da suo padre et tutti quelli
che erano in chiesa concorsero a detto fatto e sentirono detto flgliuolo
parlare; e fu menato in sacristia dal prete che celebrò Poco dopo i cinque bresciani, ringraziata |
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L'istruttoria del fatto | |
L'autorità ecclesiastica non può disinteressarsene. Il prevosto d'allora, Don Giandomenico Dugnani, ne scrive immediatamente al
vicario Foraneo di Rivolta, Don Guglielmo Moroni. Questi viene a Cassano
qualche giorno dopo, si porta nella Chiesa di S. Dionigi e quivi
istituisce una vera e propria istruttoria del fatto, chiamando a deporre
le parti e i testimoni, con interrogatori minuti e interessantissimi nella
loro forma fresca e genuina quasi dialettale. Ecco qui il ragazzo guarito, che è il primo a deporre «Che
dica et raconti per qual causa et effetto si trova qua ora in detta chiesa
con detti suoi padre madre» «Mi trovo qua che mi ha menato qua mio padre
et mia madre a ringraziare Richiesto, racconta le circostanze dello spavento avuto,
della paralisi conseguente e della guarigione improvvisa e completa. Ma domandato da quanto tempo è che vidde detto morto, etc... risponde: «Mi non so dir questo». Segue l'interrogatorio più diffuso del
padre, Matteo del Campo e della madre, Elena Bonomi, con particolari più
minuti, quale poteva fornire soltanto una mamma, che con più intenso
affanno e affetto aveva assiduamente assistito l'infelice figliuolo. Vengono poi sentiti Giovanni Pietro Ravelli, Girolamo Mapelli
di Cassano e G. Battista Violini, il bressano della Cantarana, i quali completano la ricostruzione del
fatto prodigioso. L'istruttoria era più che sufficiente a provare la
realtà del fatti; avvenuti alla vista di un popolo intero. Ma l'autorità
Ecclesiastica, che in simili casi procede a passi di piombo, non se ne
accontentò. Non solo non si lasciò, rimorchiare dagli entusiasmi
popolari, ma intimò che si coprisse con un tavolato Vengono interrogate sei persone, il Prevosto di Gussago e un
sacerdote, un medico e un chirurgo, due vicini di casa. II tema delle
domande è questo: II ragazzo Francesco del Campo era prima veramente
ammalato? Ora è proprio guarito? La guarigione può essere effetto di
rimedi naturali? Le risposte sono unanimi. Andrea Ottali e Antonio
Mombelli, vicini di casa, quasi con le stesse parole depongono: “lo ho conosciuto
Francesco prima sano et I'ho sentito parlare et di poi I'ho visto
stroppiato e mutto et lo viddi anche quando partì da Gussago per andar a
visitare il sepolcro di S. Carlo che era in malissima disposizione così
di corpo come della lingua, et poi ritornato mi è parso miracolo di
vederlo sano et a parlare, et noialtri vicini corressimo sentendo che il
padre e la madre et detto figliuolo arrivati gridavano: gratia, gratia! Il
medico e il
chirurgo di Gussago, Pietro Galeotti e G. Battista Moscatelli, depongono
con giuramento che la recuparata sanità non può essere per mezzo
naturale, ma puro miracolo. Chiudiamo con la testimonianza del Prevosto di Gussago, D.
G.B. Retonzini, il quale dopo avere dichiarato che Matteo ed Elena del
Campo sono
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Da: I quaderni del
portavoce n. 8 – Carlo Valli – L’oratorio di S. Dionigi e
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