Ogni borgo e città che si rispetti ha
la propria piazza, centro della vita
civica e religiosa, luogo d'incontri,
di commerci e di divertimenti: è il
cuore del paese.
È logico che sulla piazza s'affaccino,
oltre la Chiesa ed il
Municipio,anche gli alberghi e le
botteghe di maggior richiamo.
Cassano ha una stranezza: non
presenta una piazza che leghi la
Chiesa e il Comune.
Lo spostamento della sede
municipale e del mercato ha
spaccato una unità importante.
Lo spazio naturale centrale della festa
rustica è sempre stato il sagrato e non
piazza. Ancora oggi tutte le manifestazioni
civiche e politiche cercano di partire e di
arrivare alla Chiesa: qui è lo spazio di
collegamento tra spirito e vita quotidiana,
tra il sacro ed il profano. A Cassano la
piazza grande non è mai stata il vero centro
del borgo, tanto è vero che né la Chiesa né
il Municipio qui hanno trovato la loro sede.
Sembra che studiosamente si siano distinte
le cose sacre da quelle profane ricreative e
commerciali.
La piazza maggiore è riservata alle
manifestazioni di fiere e mercati, di
propaganda elettorale e di rappresentanza più per i forestieri che per i cassanesi.
La piazza ebbe diverse successive denominazioni.
Si chiamava Piazza Castello ed è la più autentica, dato che è prospiciente il castello,
popolarmente dal cinquecento era
anche detta piazza Moroni per via
dei filari di gelsi che l'adombravano
e di cui permane ancora un vecchio
esemplare.
Nella mappa del catasto del 1854 è
chiamata piazza d'armi, perché qui
si svolgevano tornei ed
esercitazioni militari. Interessante
ancora in quest'anno la casa ed il
convento dei Padri di S. Francesco
di Paola della Fontana di Milano.
Forse è la stessa sede del
Convento delle Umiliate, documentate largamente in archivio parrocchiale fin dal
1300.
Il giardino di detti frati è segnato anche in un'altra mappa del 1722 dove sono pure
descritte le scuderie che furono demolite alla fine dell'ottocento. Nel 1854 si
chiamava Piazza Grande.
Nel 1887 prese il nome di Piazza Vittorio Emanuele,
per assumere quello di Piazza Garibaldi
recentemente per via di un busto dell'eroe
risorgimentale, inaugurato, sulla porta del "Ruscett"
nel 1910, a far "pendant" con l'altro a Vittorio
Emanuele II decaduto d'importanza col crollo della
monarchia.
Siamo orgogliosi della vastità della nostra piazza
tutta serrata da alti palazzi seicenteschi e
settecenteschi che ha il suo ingresso da Via Veneto,
il suo defluire in Via Mazzini e si allarga sulle piazze
Cavour e Perrucchetti. Ci viene persino la tentazione
di misurarla su piazza Navona o sulla piazza di Siena
o almeno sulla piazza di Vigevano.
L'attuale sistemazione è del periodo fascista (1932),
quando il Generale De Bono ottenne dal Ministero
sovvenzioni per livellare, pavimentare in porfido il
fondo acciottolato e creare al centro la fontana del
Delfino (Piazza Cavour è così denominata in seduta
del Consiglio comunale del 18.4.1890).
Se i palazzi e i monumenti potessero ridere per le continue sostituzioni delle scelte
politiche, avrebbero da sollazzarsi per i discorsi qui enfaticamente pronunciati ad
inneggiare ai tedeschi, agli spagnoli, ai francesi, ai russi, ancora ai francesi, poi ai
tedeschi, finalmente al nazionalismo
italiano risorgimentale, al comunismo, al
fascismo, alla monarchia ed alla
repubblica, alle attuali forme
democratiche.
Rimangono questi palazzi incuriositi, con
gli occhi bassi a guardare le processioni
religiose, i mercati, le sagre paesane, i
venditori di “tiramolla” e zucchero filato,
ad ascoltare i comizi politici e le vivaci
discussioni di sport dai caffé. Il ricordo
più vivace che rimane su questa piazza è
del 1796, quando Napoleone Bonaparte
qui innalza l'albero della libertà attorno
al quale si celebrano i matrimoni civili tra le danze di popolo, comizi gonfi di retorica
e canti osannanti alla nuova dea, abbattuto dagli austro-russi nel 1799 e rialzato
nel 1800 col ritorno dei francesi. Ci conviene fare una visita tutto intorno per
riesumare memorie di famiglie ed opere dei
secoli andati.
In piazza Grande c'era il palazzo di Casa D'Adda, proprietari terrieri di tutto Cascine
S. Pietro, della Volta e di molti altri fondi terrieri fuori Cassano prima della
costruzione della Villa
settecentesca innalzata su
disegno del Croce e del
Piermarini. Purtroppo non so
dove localizzare l'edificio. Il
feudatario Marchese Bonelli
aveva il Castello in posizione
militare dominante sul fiume e
sul ponte.
Il ricetto (Receptum) è una
costruzione del 1300, zona
militare. Strade tortuose, strette
e basse, dai nomi caratteristici:
piazza S. Cristoforo, così
chiamata per un grande affresco
dipinto sul muro a dominare la
piazzetta, poi ricoperto con calce. Vicolo del gallo, Vicolo dell'aquila, Vicolo del
pesce, Vicolo dell'orso, Via del sole, Vicolo del flacone, Vicolo Madonnina, Piazza
Castello.
Queste denominazioni le trovi sullo stato d'anime del 1881. Qui le case erano
allineate, vicine con cortili in comune, con strade anguste. Si vive assieme (adesso i
condomini sono scatole ed alveari dove però manca la comunione: le strade sono
dritte, le villette isolate sono recintate. Si vive vicini ma spesso senza conoscersi. È
l'individualismo che spranga dal di dentro l'abitante; prima la casa era spalancata
sul vicino di cui si sentiva fratello).
Dallo stato d'anime 1803 in Ricetto ci sono Casa Berva, casa Pecchio, casa
Travaglia, casa Rusca, casa Pallavicini, casa Tavola.
Naturalmente il castello ed il Ricetto erano contenuti dal fossato e dalla cinta di
mura medioevali.
Ci sarebbero da raccontare secoli di storia, di strategie militari e, via via tramontata
l'importanza difensiva sul fiume, quella di residenza signorile di duchi e di
arcivescovi in vacanza e poi la storia della filanda, della Caserma del Genio Pontieri,
della pretura e caserma dei carabinieri, delle prigioni, per giungere ai nostri giorni
che hanno assistito all'insediamento più massiccio dei meridionali giunti per una
prima momentanea sistemazione e di una balera sufficientemente rinomata nella
zona, per l'incontro della gioventù.
La stradetta che scende al ponte del Pecchio si chiamava via al Torchio, perché
portava alla Roggia Molinara sulla quale erano i mulini ed il torchio dell'olio.
Antistante era la piazza d'armi per le esercitazioni militari e le scuderie per i cavalli.
Chiuso il fossato e abbattute le mura, nel 1764 (vedi il Milani) il procuratore
Generale del Feudo e Podestà di Cassano, signor Cesare Somazzi, demolisce il
vecchio portone del Ricetto, antico avanzo del ponte levatoio, qui esistente, fa
erigere ad ornamento della piazza la grandiosa Porta con l'arma della
eccellentissima Casa Bonelli, una delle
meraviglie di Cassano.
Dal 1782 al 1788 si costruiscono le due maestose "fabbriche" che fanno facciata
alla nostra piazza grande, su disegno dell'architetto De Martini, allievo del
Piermarini, con affrescato dal pittore Bonacina l'arma del feudatario D'Adda (Annali
del Milani).
In piazza Garibaldi nel 1733 ci sono i palazzi: Stoppa, Barbò, Canzi, Carini,
Dossena, Isolani, Benfante, Guaitani, Mandelli, Corneo. Nello stato d'anime del
1803 ci sono la Corte del Borella, Casa Carini, Casa Canzi, Casa Dossena, Casa
Barbò, Casa Barzeno, Casa Stoppa.
Da non dimenticare il porto sull'Adda: luogo di battaglie prima, di gabellieri
arricchitisi sul passaggio di persone e di mercanzie coi dazi di storia e cultura che
attraversa il borgo antico coi personaggi più illustri diretti a Milano.
Ma andiamo con ordine e incominciamo da:
Salendo dal ponte della Muzza, a sinistra, s'affaccia armoniosissima Villa Mauri:
bassa, con cortiletto interno acciottolato
in vaghi disegni, con portici,
settecentesca, panoramicamente
invidiabile, coi giardini che scendono alla
Muzza.
Nell'ottocento era l'albergo della Gran
Bretagna, come ancora puoi leggere sulla
facciata nei giorni in cui la pioggia lava il
frontale. Nel 1854 vi abitava la cantante
Marietta Brambilla, nel 1858 è
proprietario l'Avv. Isidoro Bianchi, nel
1870 è qui ospite S. Giovanni Bosco a
guarire dalla sciatica, nel 1878 vi è ospite
Don A. Stoppani scrittore e geologo, nel
1899 è di proprietà dell'Avv. Dorino Bianchi, poi succursale del collegio " La
Famiglia " gestito dal sig. Evangelista, passa ai commercianti di stoffe Mauri e
Mandelli "I mercanton" che arrivano dalla Brianza.
Attualmente è vivacizzata dal Caffé Grande, già Caffé Fiore, frequentato dalle
Autorità e dalla migliore società cassanese.
Chiamato "Le forbici" per indicare il taglio delle conversazioni di informazione ed
aggiornamento su persone ed avvenimenti. Qui c'era il primo ed unico bigliardo del
paese.
Rinomato era qui il pasticciere Angelo Conca. Sottentrò il gropellese Angelo Motta a
gestire il caffé, socio del Passoni, fondatore della Società dolciaria Motta di Milano,
dove si trasferì prima della guerra del 1915-18.
È qui che don Giuseppe Rusca, vicario estroso ed economicamente padrone in
Cassano, durante la processione del Corpus Domini del 1885 pretende di far
togliere il cappello ad un parrocchiano in atteggiamento provocatorio perché di
convinzioni religiose opposte, al passaggio dell’eucarestia, con lo strascico del
processo e l'intervento dello stesso vescovo di Cremona Mons. Bonomelli.
Bassa, tradisce la sua carta d'identità, casa operaia, rialzata e ristrutturata nel
1910.
Per centralità nel borgo e sulla piazza assume il ruolo di casa nobile per gli Arnaboldi
che danno persone di cultura e d'impegno sociale. Infatti,il Dottor Giuseppe
Arnaboldi, amico di Carlo Poma, è sulle barricate a Milano durante le cinque giornate
(1848) ed insignito da Napoleone III di decorazione nel 1859 per l'assistenza ai feriti
nella battaglia di Solferino.
È l'ing. Costantino morto nel 1937 a strutturare
l'Ufficio Tecnico del comune, a progettare le
Cappelle del Cimitero ed il Porticato della Chiesa
di S. Ambrogio.
Nel 1957 a Treviglio muore l'ing. Ercole,
direttore di stabilimento. Attualmente casa
Arnaboldi ha il caffé Centrale: luogo d'incontro di
molti professionisti.
Anche per questo caffé situato in posizione
strategica per coloro che arrivavano dal porto
c'era una denominazione caratteristica: "caffé del
viulen".
Settecentesca, di proprietà della
famiglia Regazzoni, acquistata e
ristrutturata dal Dott. Ercole Pasini.
Era la sede della farmacia aperta dalle 5
e mezza del mattino alla mezzanotte dei
giorni festivi, col Pedar Melon garzone
di farmacia che l'esperienza aveva
elevato al ruolo di visitare gli ammalati
e di far ricette. Era tale la stima che
godeva in paese che, alla sua morte
avvenuta a poca distanza di tempo da
quella del Direttore del Piccolo Credito
Bergamasco, pur tanto sensibile
all'aiuto dei poveri in difficoltà, si coniò
il detto popolare "mort Camisasca e al Melon, Casaa l'è inda a balon".
Il Pasini ha lasciato il palazzo all'opera di mendicità morendo nel 1940 e pertanto
ora il palazzo è di proprietà del Comune. Chiusa la farmacia si aprì il bar Italia —
preferito dagli sportivi, successivamente anche il bar venne chiuso. Ci si accorge
che la ristrutturazione di Casa Pasini ha cancellato fregi ornamentali caratteristici
di edifici diversi, per ricomporre in unità di stile tutta l'attuale facciata.
Dietro casa Pasini, a guardare sulla Muzza e sull'antico Lago Gerundo, quasi a
controllare il movimento sul ponte dell'Adda è l'antica Casa Pecchio.
Leggendariamente il proprietario è identificato col Giuseppe Pecchio “Carbonaro”
celeberrimo del Risorgimento Italiano, milanese tra i più insistenti e scoperti
antiaustriaci, deputato nel 1819 e fuggito nel 1821 esule in Svizzera, Spagna,
Portogallo, Grecia, poi in Inghilterra dove compose le sue opere più importanti. Si
racconta ancora che in casa Pecchio siano stati ospitati Carlo Alberto ed il Pellico in
seduta di cospiratori. Ma è difficile si tratti dell'identico personaggio.
Infatti il nostro Pecchio era stato esattore dell'impero austro-ungarico.
Sappiamo che il nobile Francesco Pecchio acquistava del terreno nel 1795 dal
marchese Visconti Ajmi Antonio e che i Pecchio possiedono nel 1838 oltre duecento
pertiche di terra, delle quali nel 1857 devono cederne 13 alla ferrovia (archivio di
stato in Milano).
La Casa ha ancora tutte le linee di un palazzo seicentesco con portichetto
sostenuto da colonne ed un cortiletto-campiello di meravigliosa frescura estiva.
È questo Pecchio che dà il nome al canale che dal Linificio sfocia in Muzza.
S'innalza sulla stessa linea il Collegio già Cazzulani e poi di Ezio Evangelista. Il
collegio fu poi trasferito a Lodi e a Desenzano.
Questo collegio Cazzulani aveva
scuole elementari e tecniche: nove
classi in tutto. Gli alunni si
dovevano presentare a Milano per
gli esami.
Detto collegio aveva in comune
con il collegio femminile Gianoli
molti insegnanti.
Casa Mauri serviva da dependance
per gli studenti interni. Il palazzo
nel 1956 è stato discutibilmente
sopraelevato, in maniera da
rendere disarmonica la panoramica
di Cassano vista da chi sale al
borgo da Treviglio.
Sono due palazzi sorti dal 1782 al 1788 su progetto di uno scolaro del Piermarini.
Si allineano in perfetta armonia sulla
piazza facendo arco al centro per il
portone del Ricetto.
Si può pensare che sulla linea di questi
palazzi continuassero le costruzioni
medioevali del Ricetto, demolite per le
attuali fabbriche appena la politica
spagnolesca dal 1500 al 1700 tolse
importanza alle fortificazioni militari,
concedendo spazio in tale maniera alle
residenze dei Signori.
Risiedeva qui Ettore Galli, fotografo, che
teneva lo studio anche a Melzo ed era
rinomato artista, dove è attualmente la torrefazione del caffé, Era arrivato a
Cassano dopo la grande guerra del 1915, col padre, ingegnere del Genio Civile,
dal Veneto.
Chissà dove sarà andata a finire tutta la documentazione di Cassano dall'inizio del
nostro secolo che il Galli gelosamente archiviava?
Continuando troviamo Casa Bruna — col negozio degli ultimi zoccoli, Casa
Manzoni, dove i proprietari avevano aperto l'unica gelateria del paese, con
l'Antugnett il desideratissimo dei bambini. Casa Mauri che segue è nota per la sala
cinematografica e per la pesa pubblica che aveva davanti.
A far d'angolo, tra piazza Garibaldi e Piazza Cavour, è Casa Bellazzi dove c’era la
trattoria Cavour.
Era già esistente nel 1789 ed apparteneva
al conte Barbò; poi passò al Marchese
d'Adda, all'Ing. Rusca e all'E.C.A. che la
vendette. Sull'area furono costruiti il
Palazzo del Credito Bergamasco, Casa
Passera ed il Municipio.
C'è ancora chi ricorda che da questa corte
uscivano, d'autunno al mattino, le mandrie
di mucche che attraversavano la piazza per
andare al pascolo.
Era tutto un muggito il paese, e le strade si
coloravano di vaste macchie di sterco
bovino a tappezzare l'acciottolato.
Il nobile Barbò cavalier Gaetano conte nel 1735. Era proprietario di questo
palazzo.
Nel 1758 aveva mosso accese
questioni per via della cera di un
funerale (vedi annali di Cassano del
Milani) e ancora altre questioni per
rivendicare il diritto d'uso
dell'Oratorio di S. Rocco adiacente
casa sua.
Infatti, l'attuale Casa Spinardi (già
sindaco di Cassano) era l'Oratorio di
S. Rocco costruito nel 1500 in
occasione di una pestilenza e ha
conservato fino al 1980 un affresco
cinquecentesco raffigurante la
Madonna con S. Giovanni Battista e
S. Rocco. La chiesa fu alienata in
seguito alle leggi di Giuseppe II nel 1786 e trasformata poi in
abitazione civile. Messa all'asta nel 1788 fu dissacrata. Attualmente è spogliato
anche dell’affresco che continuava a documentare l'antica destinazione sacra. Il
palazzo Quadri mantiene ancora attualmente linee architettoniche originali,
scalone d'onore caratteristico ed è in ottime condizioni di manutenzione. L'albergo
Ancora era l'unico albergo del centro paese. Segue casa Mauri: con il "curtil del
Mercanton". La piazza si apre sul vicolo dei fiori (strècia dei Carabinieri) e
continua con la Casa Cremonesi : antico prestino del borgo. Segue Casa
Maggioni e poi Casa Sironi davanti alla quale c'era il portico della pesa. Una volta
qui c’era la Cooperativa che merita una certa attenzione per la solennità della
facciata che certamente risale nella sua costruzione al 1700.
I Carini sono una famiglia distinta di
Cassano. Padre Antonio Carini dei Minori di
S. Francesco era predicatore e scrittore nel
1760?.
Il dott. Cesare Carini era dottore fisico e
farmacista nel 1742.
Il dott. Francesco Carini era speziale, abate
emerito del Collegio in Milano dove muore
nel 1774.
Il palazzo è stato ristrutturato (1932-1933)
dall'Ing. Ulrich. La farmacia qui ha sempre
avuto la sua sede: dei Carini prima, dei
Pasini dopo, del Rugginenti attualmente.
C'è stato al posto della farmacia anche un negozio di dolciumi.
Il "Canton del Giuanèla" è l'angolo tra la piazza e Via Veneto: luogo d'incontro
dei mediatori di bestiame, dei disoccupati che attendono il padrone che li assuma
al lavoro, del mercato, delle informazioni.
La piazza Garibaldi si apre su Piazza Castello dove c'erano le prigioni e la
pretura, la filanda ed il ricetto, la caserma dei soldati Genio Pontieri.
Da: “I quaderni del Portavoce” n. 5 - Don Carlo Valli “ La Contrada Magjura ”