giugno 1827
Dal famoso romanzo di Alessandro Manzoni citiamo dei passi che riguardano Cassano e la zona che ci circonda. Renzo, con l’aiuto della folla riesce a scappare da Milano, dai due birri e dal notaio che lo volevano arrestare, e fugge affannosamente verso Bergamo, col proposito dl chiedere lavoro e ospitalità al cugino Bortolo. Dopo aver compiuto l’ultima parte del viaggio, lottando contro la stanchezza e le angosce, in un’osteria dl Gorgonzola, sente da un mercante che la sua vicenda ha fatto chiasso E questo lo disse perché non solo era
vero, ma anche per paura che l’oste, immaginandosi che volesse dormir lì, non
gli uscisse fuori a domandar del nome e del cognome, e donde veniva, e per che
negozio…..Alla larga! L’oste rispose a Renzo, che sarebbe
servito; e questo si mise a sedere in fondo della tavola, vicino all’uscio: il
posto de’ vergognosi. C’erano in quella stanza alcuni
sfaccendati del paese……………Un di coloro si staccò dalla brigata,
s’accostò al soprarrivato, e gli domandò se veniva da Milano. “Io?” disse Renzo sorpreso, per
prender tempo a rispondere. “Voi, se la domanda è lecita” Renzo, tentennando il capo, stringendo le
labbra, e facendone uscire un suono inarticolato, disse: “ Milano, da quel che ho sentito
dire... non dev'essere un luogo da andarci in questi momenti, meno che per una gran necessità”. “Continua dunque anche oggi il
fracasso?” domandò con più istanza, il curioso. “Bisognerebbe esser là, per
saperlo”, disse Renzo “Ma voi, non venite da Milano?” “Vengo da Liscate”, rispose lesto il
giovine che intanto aveva pensata la sua risposta……… “Oh!” disse l’amico; come se
volesse dire: faresti meglio a venir da Milano, ma pazienza! “E a Liscate”, soggiunse, “non si
sapeva niente di Milano?” “Potrebb'essere benissimo che
qualcheduno là sapesse qualche cosa”, rispose il montanro: “ma io non ho
sentito dir nulla”. E queste parole le proferì in quella
maniera particolare che par che voglia dire: ho finito. Il curioso ritornò al
suo posto, e, un momento dopo, l’oste venne a mettere in tavola “Quanto c'è di qui all'Adda?” gli
disse Renzo, mezzo tra’ denti, con fare da addormentato, che gli abbiamo visto
qualche altra volta. “All'Adda, per passare?” disse
l’oste. “Cioè... sì... all'Adda”. “Volete passare dal ponte di Cassano, o sulla chiatta di Canonica?” “Dove si sia... domando così per
curiosità”. “Eh, volevo dire, perché quelli sono i
luoghi dove passano i galantuomini, la gente che può dar conto di sé”. “Va bene: e quanto c'è?” “Fate conto che, tanto a un luogo, come
all'altro, poco più, poco meno, ci sarà sei Miglia”. “Sei miglia! Non credevo tanto”,
disse Renzo.”E già” riprese poi, con un’aria d’indifferenza, portata
fino all’affettazione, “e già, chi avesse bisogno di prendere una
scorciatoia, ci saranno altri luoghi da poter passare?” “Ce n'è sicuro”, rispose l’oste,
ficcandogli in viso due occhi pieni di una curiosità maliziosa. ……………………. A questo punto,
l'oste, ch'era stato anche lui a sentire, andò verso l'altra cima della tavola,
per veder cosa faceva quel forestiero. Renzo colse l'occasione, chiamò l'oste
con un cenno, gli chiese il conto, lo saldò senza tirare, quantunque l'acque
fossero molto basse; e, senza far altri discorsi, andò diritto all'uscio, passò
la soglia, e, a guida della Provvidenza, s'incamminò dalla parte opposta a
quella per cui era venuto ………………….Ben presto vide
aprirsi una straducola a mancina; e v'entrò. A quell'ora, se si fosse abbattuto
in qualcheduno, non avrebbe più fatte tante cerimonie per farsi insegnar la
strada; ma non sentiva anima vivente. Andava dunque dove la strada lo
conduceva;…………… Cammina, cammina; arrivò dove la
campagna coltivata moriva in una sodaglia sparsa di felci e di scope. Gli parve,
se non indizio, almeno un certo qual argomento di fiume vicino, e s'inoltrò per
quella, seguendo un sentiero che l'attraversava. Fatti pochi passi, si fermò ad
ascoltare; ma ancora invano…………… A poco a poco, si trovò tra macchie più
alte, di pruni, di quercioli, di marruche. Seguitando a andare avanti, e
allungando il passo, con più impazienza che voglia, cominciò a veder tra le
macchie qualche albero sparso; e andando ancora, sempre per lo stesso sentiero,
s'accorse d'entrare in un bosco…………….. Arrivò in pochi momenti all'estremità
di un piano, sull'orlo d'una riva profonda; e guardando in giù tra le macchie
che tutta la rivestivano, vide l'acqua luccicare e correre. Alzando poi lo
sguardo, vide il vasto piano dell'altra riva, sparso di paesi, e al di là i
colli, e sur uno di quelli una gran macchia biancastra, gli parve dover essere
una città, Bergamo sicuramente. Gli venne in mente d'aver veduto, in uno
de' campi più vicini alla sodaglia, una di quelle capanne coperte di paglia,
costrutte di tronchi e di rami, intonacate poi con la mota, dove i contadini del milanese usan,
l'estate, depositar la raccolta, e ripararsi la notte a guardarla: nell'altre
stagioni, rimangono abbandonate. La disegnò subito per suo albergo; si rimise
sul sentiero, ripassò il bosco, le macchie, la sodaglia; e andò verso la
capanna. Un usciaccio intarlato e sconnesso, era rabbattuto, senza chiave né
catenaccio; Renzo l'aprì, entrò. Prima però di sdraiarsi su quel letto
che Il cielo: un altro brano stupendo, in cui il paesaggio prende il colore dell’anima dell’autore e i dati fisici si trasformano in puri elementi di poesia, senza nulla perdere del loro vigore. Non solo la lettera, ma lo spirito del paesaggio lombardo è qui colto, con una penetrazione così profonda da ingenerare un senso di struggimento nel lettore più avvertito: le albe e i tramonti ricorrono, gli uomini passano, ed a pochissimi è concesso il dono supremo di lasciare qualche segno del loro passaggio.
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