IL CONTESTO
Intorno alla metà del 1400 risale la posa di un altro ponte, che Francesco Sforza fece rinforzare da Bartolomeo Gadio. Per trovare il primo
ponte in muratura dobbiamo risalire al 1750. Tale ponte fu commissionato
dal marchese Febo d’Adda su disegno dell’Ingegnere delegato delle
Acque, Bernardo Maria Robecco. Tuttavia il progetto del Robecco non ebbe
compiuta realizzazione, tant’è che lo stesso progettista prese le
distanze dall’opera. Nel 1809 per ordine del principe Eugenio Behaurnais fu costruito sopra il primo ponte un altro ponte in muratura al fine di superare il dislivello tra le due sponde del canale. Il progetto era dell’Ing. Richetti. Quest’opera originale nel suo genere venne comunemente nominato “punt sura punt”.
Il manufatto non ebbe
vita lunga, perché nel 1859 fu distrutto dagli Austriaci in ritirata
dopo la sconfitta di Magenta. Nel 1863 venne
ricostruito il ponte in muratura sul Muzza
e rifatto quello in legno sull’Adda. Nel 1882 venne inaugurato un ponte in ferro sull’Adda, sostituito poi dal ponte in cemento armato (1914). Il direttore dei lavori dell’impresa appaltatrice dei lavori fu Felice Colombo, fondatore poi di una propria fiorente impresa di costruzioni stradale, che ebbe commesse in Italia e all’estero e genitore dell’attuale proprietario della Villa.
Nel 1750 tra i due ponti
venne eretta la statua di San
Giovanni Nepomuceno, voluta dal Governo austriaco e fatta pagare ad
un sacerdote e all’esattore dei dazi del ponte, che avevano consentito
il passaggio ad un soldato renitente. Proseguendo sulla
sinistra si intravede un edificio con pianta ad L, palazzo Guerra Mauri,
che risale probabilmente al XVII sec. fu un albergo,
l’Albergo della Gran Bretagna, e nel 1870 ospitò la casa
di cura della sciatica, che ebbe una grande fama all’epoca, in
quanto sembra che la titolare la Sig. Orsola De Vecchi, avesse avuto una
ricetta segreta da un missionario in grado di fare miracoli per i dolori
reumatici ed artritici. Questo palazzo fu anche
residenza della famosa cantante lirica Marietta
Brambilla. In successione è
possibile ammirare in tutta la sua bellezza VILLA
ROSALES BRAMBILLA, che risale alla fine del 1600. Fu fatta edificare
dal Marchese di Castelleone, Matteo Rosales, che fu mandato a Cassano
dagli spagnoli per difendere il guado di Cassano da eventuali attacchi
francesi. Passò poi in varie
mani, fino ad arrivare in proprietà alla famiglia Brambilla. La villa è molto bella,
in stile rococò, ha una pianta lineare con la parte centrale più
elevata rispetto a quelle laterali. La scenografica scalinata sfrutta il
dislivello del giardino per introdurre un elemento architettonico di
particolare effetto e pregio e culmina poi con la fontana al centro,
ornata da statue di putti, che è attribuita alla bottega del Fantoni
(famiglia di scultori bergamaschi che lavorano il legno e il marmo). All’interno della
villa il salone d’onore è affrescato dai fratelli
Galliari, scenografi di provenienza piemontese che si stabilirono a
Treviglio ed ebbero discreto successo nell’attività pittorica. Legato a questa villa è
l’episodio del passaggio di Napoleone
III a Cassano d’Adda
nel 1859, impegnato
all’inseguimento dei francesi che, in ritirata dopo la sconfitta alla
battaglia di Magenta, distrussero il ponte. Fu così che l’imperatore
fu ospite forzato della villa . Dietro la Villa
Brambilla si intravede il Campanile,
annesso alla chiesa
parrocchiale, alto Fu fatto costruire
insieme alla chiesa nel 1381 da Regina
della Scala, vedova di Barnabò
Visconti , donna molto pia. Nel 1776 la chiesa andò distrutta e fu
quindi costruita l’attuale, molto più grande della precedente, ma con
la sua imponenza non rende giustizia all’elevazione della torre
campanaria, che per molto tempo è stato l’edificio più elevato di
Cassano, utilizzato nelle epoche passate anche come torre di vedetta.
Nel 1911 il campanile fu dichiarato monumento nazionale. A fianco della chiesa si
trova palazzo Berva, che risale ai fine dell’800, appartenuto ad una
ricca famiglia di proprietari terrieri, i cui ultimi esponenti morirono
senza lasciare eredi e quindi donarono l’edificio all’ospedale. La
facciata è sobria con un ampio portale in granito sormontato da un
elegante balconcino in ferro battuto. La pianta del palazzo è ad U ,
con le parti laterali interne più basse rispetto a quella centrale.
All’interno può ancora vedersi qualche sala con soffitti a cassettoni
e affreschi di tema naturalistico. Il palazzo si affaccia sul Belvedere,
ma in origine si collegava al giardino sottostante con un
sottopassaggio. LA VILLA
Il proprietario della
Villa, Ing. Ponti, originario della Brianza
(Canzo), aveva impiantato in zona una fiorente attività
commerciale, consistente nel recupero dei ciottoli dal fiume e nella
loro lavorazione attraverso la cottura nelle fornaci di sua proprietà
ricavandone materiale da costruzione, che poi veniva venduto per
l’edilizia. Era proprietario,
inoltre, di alcune cascine
ed annessi terreni agricoli coltivati. La villa fu fatta
costruire come residenza di famiglia agli inizi del ‘900 e testimonia
le notevoli disponibilità economiche raggiunte dall’Ing. Pietro Ponti
. Dal punto di vista architettonico questa villa rispecchia il gusto dell’epoca e l’amore del proprietario per il recupero delle tracce del passato e sicuramente l’interesse per i reperti storici (di cui se ne vede traccia sotto l’arco d’ingresso della Torretta).
Tra la seconda metà dell’ottocento e i primi anni del Novecento, per effetto della rivoluzione industriale, la borghesia aveva raggiunto un certo potere economico e conseguentemente anche prestigio sociale e politico. Tuttavia, non essendo portatrice di istanze culturali proprie (la rivoluzione in senso moderno dell’architettura avviene qualche decennio dopo), guarda alle espressioni del passato come ad un riferimento per dare lustro ai propri edifici, rivisitando con gusto romantico le architetture del periodo medievale e gotico, talvolta presenti insieme nello stesso edificio, e dà così luogo ad uno stile eclettico, sintesi di diverse espressioni artistiche.
In questa villa, in
particolare, colpisce la torre d’ingresso, che ripropone la torre
merlata dei castelli medievali e caratterizza l’immagine del
complesso, che si configura verso l’esterno come una corte chiusa
senza altri elementi di particolare rilievo. Anche i cromatismi della
torretta, nell’alternanza di rossi e ocra, ora un po’ consunti dal
tempo, richiamano alla mente le atmosfere medievali. Conferisce
ulteriore eleganza alla facciata il bugnato realizzato con il
ciottolato.
La villa all’interno
del cortile non ha elementi architettonici particolari, anche perché
durante la seconda guerra mondiale è andata parzialmente distrutta, a
causa dei bombardamenti sul ponte. Più di quindici stanze andarono
distrutte e delle originarie sale di rappresentanza attualmente ne
possiamo ammirare solo tre, oggetto di recente restauro. i restauri delle sale
I restauri sono durati
quattro mesi con l’impiego di tre persone. Sono occorsi due mesi solo
per la sala da pranzo. Le tecniche di restauro
si sono svolte in quattro fasi: dapprima una attività di studio e
ricerca (stili, materiali e tecniche), poi la pulitura delle superfici,
quindi il consolidamento delle pareti e infine il reintegro pittorico. I materiali e i colori
utilizzati sono aderenti a quelli dell’epoca e sono stati realizzati
con metodi naturali mischiando terre a calce. Solo sul soffitto della
sala da pranzo si sono rese necessarie cinque mani di colore. Dal punto di vista
rappresentativo la sala da pranzo è la più interessante, espressione
dello stile eclettico dell’epoca, per la contestuale presenza sopra la
porta di un medaglione (scoperto durante i restauri), che richiama gli
stemmi rinascimentali, e per le delicate ghirlande di fiori alle pareti,
espressione del liberty floreale dei primi del novecento. Molto bello il
soffitto a cassettoni sorretto da capitelli: quattro più grandi (di cui
uno solo è originale, gli altri sono stati ricostruiti fedelmente
mediante calco in gesso) e numerosi piccoli. La boiserie, molto ben
conservata e di ottima fattura, è originale, in alto rappresenta
un’elegante medaglione raffigurante una testa di cane all’interno di
un corno da caccia. Anche i lampadari sono d’epoca. Il restauro delle due
sale successive ha interessato soprattutto i soffitti, che si
presentavano molto ammalorati, rendendo necessaria la sostituzione di
alcune formelle in pessime condizioni o addirittura in alcuni casi
mancanti. La differenza cromatica impercettibile è segno dell’opera
di sostituzione. Poiché i restauri non hanno rinvenuto tracce di
decorazioni alle pareti, le due sale sono state ridipinte tenendo conto
dei colori e dello stile dell’epoca, in modo da rendere l’idea degli
ambienti originari senza tuttavia creare un falso storico. La storia della famiglia
Alla propria morte
l’Ing. Ponti lascia alle tre figlie una villa e una cascina con
annessi i terreni a ciascuna. Alla figlia maggiore, Emilia, toccò in
eredità questa villa. Emilia, donna raffinata,
sposò Giulio Maggi, un industriale che aveva una fabbrica di setole per
spazzole a Milano. Dall’unione nacquero tre figli: Olga (alle quale
spettò la casa di Canzo), Pierfranco, che ha ereditato la villa di
Cassano e Marco, morto in giovane età per una brutta malattia. Entrambi
i coniugi morirono intorno agli anni ’30. Fin da bambino
Pierfranco Maggi manifestò un’autentica passione per la coltivazione
delle piante, tanto che il padre più volte tentò di potarlo con
sé in fabbrica per avviarlo alla propria attività, ma non ci fu verso,
perché il giovane non perdeva occasione per raccogliere terra e concime
e piantare e innestare piante. Raggiunta una certa età,
il giovane Pierfranco intraprese un viaggio, che lo portò in Egitto,
dove conobbe una donna di origine greca, di nome Evangelia Belleni, che
sposò e portò con sé a Cassano. Di questa donna si racconta che
avesse una forte personalità e grande fascino; sicuramente era una
donna di mondo, in quanto conosceva alcune lingue, amava la vita di
società e non disdegnava il gioco. Visse in questa casa anche durante
la guerra, periodo in cui la villa fu occupata da una guarnigione
tedesca, cosa che le diede modo di apprendere agevolmente anche il
tedesco. Pierfranco Maggi,
divenuto proprietario della tenuta finalmente ebbe la possibilità di
realizzare la sua passione, impiantò qui una coltivazione di orchidee,
costruendo nel giardino alcune serre e un grosso camino per il loro
riscaldamento.
L’attività
florovivastica acquisì una certa importanza, e Pierfranco divenne noto
nel settore per aver realizzato alcuni ibridi di orchidea e quattro
specie furono
registrati a suo nome nel Registro botanico di Londra come orchidee
selezionate.
Nel dopoguerra i due
coniugi si separarono di fatto e Pierfranco visse a Bordighera, dove
continuò la sua attività di floricoltore ed ebbe una nuova compagna,
che pare fosse una profuga jugoslava. Alla morte di Evangelia,
nel 1962, la villa di Cassano passò all’unico figlio Giulio, il quale
sposa una vedova con due figli, di nome Giuseppina Borghi (figlia
dell’industriale delle cartiere Borghi), la quale però, molto
probabilmente, non nutriva grande interesse a mantenere la villa di
Cassano. Infatti prelevò tutti gli arredi e gli oggetti della casa e li
trasferì nella propria casa di Milano. Fu così che Pierfranco,
tornando a Cassano, trovò la casa spoglia e decise di venderla. Nel 1972, secondo quanto
si racconta, dopo aver respinto alcune proposte, accetta - forse per
simpatia - quella dell’Ing. Colombo, che da allora ci ha abitato con
la famiglia, destinando parte del complesso ad albergo e ristorante, così
alcuni locali e parte del giardino sono stati adattati per
quest’esigenza.
il lazzaretto Manzoniano
Degno di nota (anche se
al momento andrebbe fatta un’opera di recupero al vecchio assetto) è
il giardinetto adiacente la villa, classicheggiante, con la piccola
fontana, che lateralmente è chiuso da un piccolo portico formato da
colonne in granito, che l’Ing. Pietro Ponti, evidentemente
appassionato di antichità, aveva acquistato dallo smantellamento del
Lazzaretto di Milano del 1630, che, come noto,
era il luogo destinato al ricovero dei malati di peste, ricordato
dal Manzoni nei Promessi
Sposi. Nel
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