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Per E. Bianchi è difficile pensare che il D'Adda non abbia approfittato dell' occasione per richiedere al Parini[1] anche un'idea per le decorazioni della villa che era in procinto di ristrutturare ad opera dell' architetto Piermarini. Nella villa D' Adda-Borromeo il tema d'amore è rappresentato in questi quattro pannelli di evidente richiamo arcadico. Tuttavia, nella cornice agreste, e in scene difficili da decifrarsi tra l'Arcadia e il pittoresco, si collocano figure e gesti che rimandano a valori allegorici, cioè, a quegli stessi temi, alle passioni che il Verri[2] aveva fatto raffigurare sui quattro succhi d'erba. La presenza di endecasillabi[3] consente di individuare con una certa approssimazione i sentimenti sottesi alle immagini (la gelosia, la fedeltà, l'invidia, l'esigenza di sublimare il sentimento d'amore), ma soprattutto testimonia lo stretto legame tra poesia ed arti figurative, motivo successivamente ripreso dal Foscolo in famosi versi di chiara ispirazione neoclassica[4]. [1]
Al Parini il D'Adda
si era rivolto anche per commissionare il tema di un telone
adatto per il palco del Teatro alla Scala che doveva raffigurare "Apollo
che addita alle quattro Muse del teatro i modelli del buon gusto
nelle arti teatrali, fugando con il suo splendore i vizi opposti
alla perfezione di questi".
Così si legge in "Opere di G. Parini” pubblicate e
illustrate da F. Reina, a cura di P. De Angelis, Palermo 1990. [2]
E’ interessante riportare
qui questi riferimenti storici per capire l’accenno al Verri e la
contrapposizione che ci fu tra lui ed il Parini su questi temi. La poesia per il Verri, infatti, è
semplicemente una forma di comunicazione delle nuove idee sottoposte
al vaglio rigoroso della ragione, senza la preoccupazione di
scandagliare lo specifico dell' espressione poetica e la peculiarità
dello stile. Per il Verri la poesia è semplicemente uno strumento di raffinamento
sociale e, nella rivista da lui fondata, "Il Caffè",
afferma che la letteratura "piace ed instruisce" perché
aiuta "a penetrare addentro nelle passioni" (vedi saggio
di G. Panizza, Francesco Corneliani e Pietro Verri,
in Nuovi studi 2-1996), cioè a quei moti dell'animo che inducono
gli uomini ad agire ed a reagire. È probabile che Pietro Verri, per
dimostrare questo assunto anche nella realizzazione degli arredi
della dimora gentilizia in Contrada del Monte a Milano (oggi Via
Monte Napoleone), consona alla prestigiosa posizione sociale
acquisita dalla famiglia, abbia suggerito a Francesco Corneliani il
tema per il ciclo iconografico che il pittore ha realizzato,
collocandosi con misurato equilibrio tra raffinatezze arcadiche e
concretezza illuministica. Infatti, in quattro tele di lino
(chiamate anche con termine tecnico “succhi d’erba” perché
dipinte con colori vegetali), le passioni sono rappresentate per
mezzo di personaggi reali dominati dal vizio: l'avaro, il superbo,
il giocatore, l'iracondo". Attraverso l'icasticità del gesto e
l'efficacia dell' espressione le figure rimandano alla condanna
delle passioni rappresentate. Esprimono dunque le passioni, come
vuole il Verri, pronunciando su di esse un giudizio morale che
veicola il concetto del “vero e del bene” proprio del Parini. [4] Il Foscolo nel proemio de "Le Grazie", dedicate al Canova. Impegnato a realizzare il gruppo marmoreo raffgurante le Grazie così si esprime: "Nuovo meco darai spirito alle Grazie/ che or di tua man sorgon dal marmo: anch 'io/ pingo, e la vita a' miei fantasmi inspiro;/ sdegno il verso che suona e che non crea;/ Perché Febo mi disse: io Fidia primo/ e Apelle guidai con la mia lira". Febo indica il dio Apollo, ispiratore
della poesia, che guidò la realizzazione delle opere dei più
grandi artisti greci. Fidia è considerato il più grande scultore
greco, Apelle il più grande pittore. Le arti figurative sono animate perciò
dal vigore creativo del pensiero che trova nella poesia la sua
espressione più alta,
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