I salvatori dell'opera
Guglielmo Pacchioni
Il ponte di Cassano, insieme a numerosi altri capolavori, venne salvato da Guglielmo Pacchioni 13, allora Soprintendente di Brera e da pochi altri fidati collaboratori.
Guglielmo Pacchioni nacque a Pavullo nel Frignano (Modena) nel 1883 e morì nel 1969 a Milano. Fu nominato Soprintendente alle Gallerie della Lombardia il 15 luglio 1939 da Giuseppe Bottai, allora ministro dell’Educazione Nazionale.
Pacchioni aveva maturato una solida esperienza nel campo della tutela sin dalla prima guerra mondiale quando era responsabile della protezione delle opere d’arte nel Veneto. Diresse gli spostamenti delle opere durante il secondo conflitto mondiale, affiancato da due giovani funzionari, Fernanda Wittgens e Gian Alberto Dell’Acqua con pochi altri tra cui alcuni custodi che grazie alla segretezza e al loro coraggio misero al sicuro l’arte in Lombardia. Già la notte successiva alla dichiarazione di guerra, l’11 giugno 1940 partirono, con un convoglio ferroviario, 32 casse contenenti capolavori del museo di Brera dirette a Villa Marini Clarelli di Perugia. Altre opere della Pinacoteca, del Poldi Pezzoli, del museo della Scala e delle chiese, venivano ricoverate nel sotterraneo blindato della Cassa di Risparmio in via Giuseppe Verdi e nei sotterranei del Castello Sforzesco. Dopo l’8 settembre 1943 l’Italia centrale e il bresciano divennero pericolosissimi e iniziarono così gli spostamenti da un rifugio all’altro, in luoghi ritenuti più sicuri: la Valtellina, i laghi Maggiore e di Como (in ville prestigiose messe a disposizione da diversi nobili), Urbino e soprattutto il Vaticano.
Si contavano solo nell’Italia centro-settentrionale 23 rifugi (fig. 5). Da settembre 1943 i tedeschi si ritirano e quindi le opere spostate al centro dovettero risalire a Nord, in certi casi fu provvidenziale l’intervento invece dello Stato Pontificio che con vagoni speciali trasferirono beni al suo interno. Ma restava il problema di dover continuamente cambiare rifugio. Si ricorda quello del Villaggio Sanatoriale di Sondalo, in Valtellina, che custodì opere preziosissime da tutta Italia, e dove si realizzarono camere segrete.
Guglielmo Pacchioni, sovrintendente alle Gallerie della Lombardia nel periodo 1939-1945
Trasporto delle opere d’arte all’Isola Bella durante il secondo conflitto mondiale
I capolavori di Raffaello, di Piero della Francesca che ammiriamo oggi alla Pinacoteca di Brera sono sfuggiti dalle mani del Terzo Reich in modo rocambolesco; infatti si impedì che le truppe tedesche sottraessero anche parte della raccolta di Palazzo Venezia, che Mussolini dalla Repubblica di Salò voleva portare in Germania come proprietà privata. Venne occultata, invece, nella sede milanese della Banca d’Italia, con la complicità del direttore. Alcuni soprintendenti, come Pacchioni, con mosse astute e nervi saldi, salvarono, con spostamenti continui a seconda dell’evolversi della guerra, i capolavori dalle bombe nei due conflitti mondiali.
Fernanda Wittgens
Ricovero di quadri (fig. 5)
Fernanda Wittgens14 nacque a Milano il 3 aprile 1903, si laureò in Lettere e dopo una successiva specializzazione in Storia dell’Arte, fu assunta presso la Pinacoteca di Brera nel 1928. Il direttore della Pinacoteca, Ettore Modigliani, comprese appieno il suo talento, quando nel 1929-30 le fece organizzare una mostra di arte italiana a Londra dove ebbe un successo clamoroso. Modigliani fu internato come antifascista a L’Aquila nel 1935, e nel 1941 Wittgens vinse il concorso di direttore della Pinacoteca. Fu lei, insieme a Pacchioni e Dell’Acqua, a mettere al sicuro le preziose opere d’arte e a difenderla dai bombardamenti e dalle depredazioni naziste. Dal 1941 al 1944 il suo ruolo a Brera fu fondamentale: è grazie anche a lei se oggi possiamo ammirare le splendide opere contenute nella Pinacoteca; fu proprio la Wittgens a mettere al riparo le preziosissime opere dalle razzie naziste e dai bombardamenti. Fernanda Wittgens, oltre alle opere d’arte mise in salvo gli uomini perseguitati. Fu l’artefice della fuga in Svizzera del professor Paolo D’Ancona, della sua famiglia e di altri ebrei che neppure conosceva. Fu arrestata nel luglio del 1944 e condannata dal Tribunale Speciale a quattro anni di carcere, che non scontò perché la famiglia riuscì a farla rilasciare dopo sette mesi presentando un falso certificato di malattia di tisi. Fortunatamente sopravvenne la Liberazione e Modigliani fu reintegrato nella sua carica.
La Wittgens affiancò quindi il maestro per la ricostruzione di Brera distrutta dai bombardamenti. Riuscì nel 1950, nonostante la mancanza di fondi, a far riaprire la pinacoteca di Brera e divenne in quell’anno Soprintendente alle Gallerie della Lombardia. Si adoperò con Gian Alberto Dell’Acqua, anche per la ricostruzione del Museo della Scala e del Poldi Pezzoli. È grazie alla sua determinazione che nel 1952 il Comune di Milano acquistò per 130 milioni la preziosa statua di Michelangelo, nota come Pietà Rondanini, contesa da Roma, Firenze e
dagli Stati Uniti. Fu insignita di diverse onorificenze prestigiose per la sua instancabile opera. Morì a Milano il primo luglio 1957 e la sua città le ha dedicato una via del centro, un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo.
Gian Alberto Dell’Acqua
Gian Alberto Dell’Acqua nacque a Milano il 21 novembre 1909, si formò a Pisa, laureandosi nel 1931 e, dopo il perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore, fu assunto, come funzionario, presso la soprintendenza di Milano per poi ricoprire la carica di Soprintendente dal 1957 al 1973. Dal 1939 alla Liberazione mise diverse volte a repentaglio la propria incolumità per porre in salvo i capolavori di Brera, pinacoteca presso la quale il giovane funzionario lavorava, con il soprintendente Guglielmo Pacchioni e Fernanda Wittgens. Nel 1939, con il conflitto alle porte e le terribili leggi razziali, venne soppressa dal governo l’Associazione degli Amici di Brera, con molti soci di estrazione ebraica. Era rimasto in cassa un capitale di circa 90.000 lire e l’ultimo consiglio dell’Associazione decise con un atto nobile di comprare e donare a Brera la Cena di Emmaus di Caravaggio15. Dell’Acqua comprese la straordinarietà del gesto e organizzò, quindi, in Pinacoteca una mostra sul Caravaggio. Contemporaneamente, questo giovane e intraprendente funzionario predisponeva i piani per allontanare e mettere in sicurezza le opere d’arte della pinacoteca. Le sale di Brera si svuotarono e Dell’Acqua pensò immediatamente di organizzare mostre di arte contemporanea. L’ultima mostra venne realizzata nel 1942, quando erano cominciati i primi bombardamenti sulla città. Gli eventi precipitarono e ad ottobre 1942 caddero su Brera i primi spezzoni incendiari. Dell’Acqua accorse sul luogo e con l’aiuto di un coraggioso custode, Enrico Maronati, dipendente della Soprintendenza, riuscì ad evitare il peggio. L’impavido Maronati, figura eroica sottotraccia che merita di essere ricordata16, si arrampicò sul tetto di sua iniziativa e rimosse dalle tegole, a mani nude, uno spezzone incendiario rimasto inesploso (figg. 6-7).
Enrico Maronati con la moglie e il piccolo Adelio in uno dei cortili del Palazzo di Brera - 11 agosto 1940 - (fig. 6)
Enrico Maronati, al centro, con il restauratore Mauro Pelliccioli, in primo piano, dopo l’arrivo a Palazzo Ducale a Venezia della Pietà di Giovanni Bellini - mostra 12 giugno-5 ottobre 1949 - (fig. 7)
Nel novembre del 1942, Dell’Acqua venne richiamato alle armi e inviato ad Alessandria a comandare una batteria antiaerea. Dopo un mese di servizio, il soprintendente Pacchioni riuscì ad ottenere un esonero per lui, distaccandolo alla salvaguardia del patrimonio artistico, ormai in gravissimo pericolo dopo l’8 settembre 1943.
Tra il 1943 e il 1945 la famiglia di Gian Alberto Dell’Acqua sfollò sul Lago Maggiore, a Villa Cavallini tra Lesa e Solcio. La villa era diventata in realtà un deposito segreto di opere d’arte portate dalla Lombardia, dal Piemonte e dall’Emilia Romagna, mentre un altro deposito si trovava nel Palazzo Borromeo dell’Isola Bella.
Il patrimonio di Brera superò gli anni della guerra pressoché indenne anche se non mancarono pericoli e momenti difficili. Dell’Acqua ricordava che periodicamente doveva estrarre i dipinti dal caveau della Cassa di Risparmio per ripulirli dalla muffa dovuta all’umidità degli ambienti. Giunse finalmente il giorno della Liberazione e dopo il 25 aprile 1945, Gian Alberto Dell’Acqua prese contatti con il comando alleato e accompagnò il tenente americano, Perry Blythe Cott, addetto alla ricognizione delle opere d’arte, a visitare i depositi sul Lago Maggiore17.
Nel dopoguerra contribuì alla ricostruzione di alcuni musei milanesi, tra cui il Poldi Pezzoli, e nel 1975 ne fu nominato presidente. Oltre alla carriera universitaria presso l’Università Cattolica di Milano, fu segretario della Biennale di Venezia dal 1957 al 1970.
Quest’uomo molto operoso e straordinario, verso il quale abbiamo un enorme debito di riconoscenza, morì a Milano il 23 ottobre 2004.
13 CECILIA GHIBAUDI (a cura di), Brera e la guerra. La pinacoteca di Milano e le istituzioni museali milanesi durante il primo e secondo conflitto mondiale, Catalogo della mostra, Milano 2009 (con bibliografia precedente).
14 PAOLA ASTRUA, LUISA ARRIGONI, in Dizionario Biografico dei Soprintendenti storici dell’arte, Bologna 2007, ad vocem.
15 MARCO CARMINATI, «Sotto le bombe con Raffaello», in Il Sole 24 Ore, Domenica 31 ottobre 2004, n. 301, p. 42.
16 Per queste notizie ringrazio il figlio Adelio Maronati, scultore milanese, del quale proprio recentemente ho scritto una recensione MARIA GRAZIA COLOMBO, «Tra materia evidente e spazio invisibile», in Simona Bartolena (a cura di), Heart book 19, Memorie. Adelio Maronati, Catalogo della mostra Vimercate 11 settembre-2 ottobre 2016, p. 13.
17 GIAN ALBERTO DELL’ACQUA «Brera 1940-50: dalla parte della Pinacoteca», in G. Montesi, Fiori chiari, Fiori oscuri, Milano 1991, pp. VII-XIII.