Marco Gozzi
L’autore nacque il 5 settembre 1759 a San Giovanni Bianco, in provincia di Bergamo, da Carlo ed Elisabetta Arrigoni, poveri e onesti genitori. Discepolo del pittore Francesco Fidanza ben presto superò il maestro. Nel 1792 sposò Anna Maria Ceroni da cui ebbe tre figli: Elisabetta, Maria e Carlo; quest’ultimo nato il primo gennaio 1799 a Bergamo, già nella Guardia di Finanza, fu pittore come il padre5. Marco Gozzi dopo il matrimonio si trasferì con la moglie in Valtellina a Caiolo, in provincia di Sondrio, dove nacquero Elisabetta nel 1793 e Maria nel 17966. Ritornò con la famiglia a Bergamo, dove fu testimone dell’entrata in città delle truppe austro-russe (24 aprile 1799). A questo periodo risalgono le prime commissioni per dipinti di paesaggio, genere che gli avrebbe dato notorietà e al quale si sarebbe dedicato fino alla morte. I suoi sono paesaggi ariosi realizzati con tinte delicate e luminose nel solco della tradizione veneta settecentesca.
Nel 1807 il governo del Regno d’Italia gli commissionò alcune opere e il 26 settembre dello stesso anno il Gozzi firmò un contratto quadriennale con il governo, nel quale si impegnava ad eseguire ogni anno tre paesaggi a olio delle stesse dimensioni, in cambio di una pensione annua di 1500 lire milanesi. Il contratto specificava inoltre che i soggetti sarebbero stati indicati dal Ministro dell’Interno e che sarebbero state risarcite le spese sostenute dal pittore per “rilevare le vedute fuori di Milano”7.
Gozzi ebbe dunque come mecenate il viceré che per lui istituì una pensione governativa annua che venne periodicamente rinnovata anche dai governi successivi. Dipinse diverse località lombarde, indicategli dal committente attraverso il Ministro dell’Interno, allo scopo di conoscere il territorio e le attività che venivano svolte, secondo l’insegnamento illuminista che contemplava l’influenza delle Belle Arti sulla pubblica utilità. Gozzi, secondo il metodo cartografico, si recava sul posto ed eseguiva numerosi studi dal vero e in seguito li riportava su tela quando dipingeva nell’atelier. I dipinti terminati venivano consegnati alle autorità governative per poi confluire, come arredi, al Palazzo Reale di Milano o alla Pinacoteca dell’Accademia di Brera dove fu creata, nel1817, la “sala dei paesaggi moderni”8.
Si trasferì a Milano con la famiglia al n. 2204 (Strada del Mercato Vecchio) poi si spostò al n. 2004 (Contrada del Pontaccio) e in seguito al n. 1988 della stessa Contrada9. Il 3 marzo 1812 gli venne rinnovato il contratto quadriennale con l’obbligo di consegnare solo due dipinti in cambio di una pensione di 2400 lire. Nello stesso anno si recò in viaggio di studio a Roma e Napoli.
Cimitero monumentale di Bergamo, lapide funeraria di Marco Gozzi (prima a destra) Foto C. Calci
Nel 1813 rilevò la veduta del porto di Ancona e da questo anno iniziò la sua partecipazione alle esposizioniannuali dell’Accademia di Brera. Nel 1816 il presidente di questa accademia, Luigi Castiglioni, chiese al governo un ulteriore rinnovo del contratto del pittore e, contemporaneamente, il permesso di istituire una scuola di paesaggio da affidare allo stesso Gozzi. L’insegnamento accademico da lui a lungo desiderato non poté concretizzarsi, dato che la cattedra fu istituita solo nel 1838, quando egli era ormai anziano. Dalle testimonianze dei contemporanei sappiamo tuttavia che, pur al di fuori dell’Accademia, il Gozzi si dedicò intensamente all’insegnamento.
Lavorò sempre alacremente e il contratto gli fu rinnovato dal governo senza difficoltà e con la possibilità per l’artista di proporre lui stesso due vedute di luoghi non troppo distanti da Milano. Ogni dipinto per il governo veniva realizzato dal Gozzi con regole prefissate: entro la medesima gabbia compositiva l’artista inseriva in un primo tempo lo sfondo dipinto dal vero, reso con colori chiari e luminosi; quindi veniva aggiunto il primo piano, generalmente in controluce e caratterizzato da tonalità cromatiche scure vivacizzate solo dalle macchiette chiare dei personaggi. Il 15 settembre 1819 gli venne concesso il rinnovo della pensione, con l’obbligo di consegnare un solo quadro all’anno di dimensioni doppie rispetto ai precedenti. Come primo soggetto il Gozzi scelse una Veduta dell’Adda presso Paderno, andata dispersa; diverse sono quelle dell’Adda che il Gozzi eseguì come ad esempio il Castello di Trezzo. Il 17 dicembre 1824 morì sua moglie all’età di 44 anni10. Nel 1828, insieme con il pittore paesaggista Pietro Ronzoni (1781-1862), il Gozzi divenne socio dell’Ateneo di Bergamo e nel 1829 dell’Accademia di Brera. La sua attività per il governo continuò senza interruzioni fino alla morte. Dal 1836 il Gozzi, ormai anziano e di salute malferma, chiese di poter sostituire la consueta veduta d’obbligo con un quadro di composizione che non comportasse faticosi spostamenti, richiesta che fu accolta dal governo11.
Lavorò per le pinacoteche di Milano e di Vienna per molto tempo ed è per questa ragione che vi sono poche sue opere in commercio.
Marco Gozzi morì a Bergamo nella notte dell’11 agosto 1839, colpito da apoplessia in conseguenza di una grave affezione al cuore12. Avrebbe compiuto il mese successivo ottant’anni.
Dopo l’esumazione fu apposta una lapide accanto a quelle dei pittori bergamaschi, Vincenzo Bonomini e Pietro Ronzoni sul muro di cinta del cimitero di Bergamo. La lapide in ardesia riporta la seguente iscrizione:
A MARCO GOZZI UOMO DI SEMPLICI COSTUMI GIUSTO E RELIGIOSO LUMINARE E CAPO DI NUOVA SCUOLA NELLA PITTURA DI PAESAGGIO ETERNA PACE MORIVA IL GIORNO 11 AGOSTO 1839
5 Archivio Storico Civico Milano, Ruolo Generale della Popolazione, 1835, vol. 27.
6 Archivio Storico Civico Milano, Ruolo Generale della Popolazione, 1811, vol. 11.
7 GIULIA CONTI, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, vol. 58, Roma 2002, ad vocem.
8 ISABELLA MARELLI, in Arte Forza dell’Unità. Unità Forza dell’Arte, Catalogo della mostra (Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Roma 20 aprile-11 settembre 2011), Roma 2011, pp. 124-125 (con bibliografia precedente).
9 Archivio Storico Civico Milano, Ruolo Generale della Popolazione, 1811, voll. 6-11.
10 Archivio Storico Civico Milano, Ruolo Generale della Popolazione, 1811, vol. 6.
11 GIULIA CONTI, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, citato.