Arte - prima parte - La chiesa parrocchiale Madonna Immacolata e San Zeno di Cassano d'Adda

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Arte nella chiesa Parrocchiale di Cassano d'Adda

Un meraviglioso polittico
L’opera pittorica più antica e preziosa che a Cassano merita di essere conosciuta è certamente il polittico cinquecentesco conservato nell’abside della chiesa prepositurale opera di Bernardino Fasolo.

Bernardino Fasolo
Fasolo Bernardino (1489-1527)
Figlio di Lorenzo, nacque a Pavia nel 1489 come si ricava da una notizia pubblicata dall’Alizeri in cui si afferma che egli giunse a Genova a cinque anni nel 1494 da Pavia, dove era nato. Tuttavia, alla luce della lettura dei documenti relativi al padre Lorenzo si ritiene che la data di nascita debba essere anticipata di circa un decennio.
Nel 1495-1496 si trasferì a Genova con il padre.
Qui il giovane risulta attivo in proprio nel 1511, quando prese in affitto per tre anni la bottega di Luca Baudo, da poco defunto, dalla vedova Bianchinetta Barbagelata.
Nel 1513 ricoperse la carica di console dell’Arte dei pittori: due anni dopo risulta impegnato a decorare la cappella del Corpus Domini nella chiesa di San Sebastiano, oggi distrutta; dallo stesso documento di allogagione si apprende che Fasolo aveva dipinto un ciclo di affreschi nella chiesa dell’Annunziata dell’Olivella (Alizeri 1874).
Il grande polittico con l’Adorazione del Bambino e Santi nella Parrocchiale di Cassano d’Adda, sul quale ha richiamato l’attenzione la Cataldi Gallo (1980), presenta la firma "Bernardinus Fasolus..." scritta in lettere dorate e arabescate lungo il bordo del manto della Vergine e datata 1516 dal Cantù (1853, p. 144), che vi lesse la firma e la data, oggi non più visibile.
Nel 1518 Bernardino Fasolo portò a termine il polittico San Sebastiano e Santi (Genova, chiesa della Madonna del Monte), la cui stesura era stata iniziata dal padre, deceduto in quell’anno.
Datata al 1518 anche la Madonna col Bambino conservata a Parigi, nei depositi del Museo del Louvre (proveniente da Roma, palazzo Braschi), firmata "Bernardinus Faxolus de Papia Faciebat 1518", segnalata dal Lanzi (1809, IV, p. 202) come eseguita "tutta sul far di Leonardo...".
L’anno successivo Fasolo si impegnava a dipingere un’ancona per San Massimo, un villaggio nei pressi di Rapallo; è dubbio però, se l’opera possa essere identificata con quella molto ridipinta tuttora visibile in loco (Cataldi Gallo 1980).
La piccola tavola con la Madonna del Latte, unico frammento di un polittico (Castelnovi 1987), custodita nella chiesa di S. Giovanni Battista in Chiavari, è sicuramente di mano di Bernardino Fasolo e daterebbe secondo la testimonianza delle fonti al 1521.
La pala raffigurante la Natività e Santi, di provenienza genovese (oggi Pavia, Pinacoteca Malaspina), è firmata e datata anch’essa al 1521.
Si ha ancora notizia, da due rogiti del 1526 (Alizeri 1874), di due imprese decorative di Fasolo entrambe perdute, l’una nella cappella dei Pellicciai nel San Siro a Genova, l’altro in palazzo Grimaldi in piazza San Luca nella stessa città, quest’ultima eseguito in collaborazione con il pavese Battista Grasso.
Le poche opere superstiti del maestro, soprattutto il polittico di Cassano d’Adda, le due Madonne del Louvre e di Chiavari, rivelano la predilezione per forme di ampio respiro modellate con passaggi chiaroscurabili morbidi e sfumati.
Fasolo risentì largamente dell’influsso del Bergognone, mediato tramite Luca Baudo (Cataldi Gallo 1980) e il padre Lorenzo; la Cataldi Gallo (1980, 1986) ha sottolineato pure l’influsso dei leonardeschi, particolarmente sensibili nella Madonna del Louvre.
La studiosa accetta l’attribuzione a Bernardino della Sacra Famiglia (Berlino Est, Gemäldegalerie) formulata da alcuni autori (Crowe-Cavalcaselle, Venturi) e propone (1986) di includere nel catalogo del maestro la pala del Presepe nel San Francesco di Rapallo; entrambi i dipinti sono considerati opere della tarda attività, databili negli anni 1520-1525.
Molto cauto in proposito Castelnovi (1987) il quale si mostra restio ad accettare le proposte attribuite della Cataldi Gallo e ritiene si debbano ancora precisare le fonti del “sentire rinascimentale severo e monumentale” che impronta il linguaggio pittorico di Bernardino Fasolo senz’altro la personalità più aperta a recepire le novità culturali lombarde nella Genova degli anni compresi tra il 1510 e il 1520.

Il polittico della Chiesa di Cassano d'Adda
Il polittico di Cassano d’Adda si presenta con la centralizzazione dei due principali misteri riguardanti la vita di Gesù Cristo: nascita e la crocifissione.
Si tratta di una composizione tradizionale che riserva l’esperienza di Martino ed Albertino Piazza Lodigiani, attivi qualche anno prima di Bernardino Fasolo pavese, e realizzata negli anni 1516.
Composta da sei tavole principali, di quattro tavolette con figure singole, di tre tavole con serie di apostoli, di una cimasa col Padre eterno.
Per una completa lettura si aggiungano due disegni nelle volute delle cornucopie, di recente completamento compositivo forse del 1935, quando fu ricomposto in cornice unica il polittico e restaurato.
Balza all’occhio la composizione simmetrica delle tavole; due più due, uno più uno. A centralizzare le tavole della Crocifissione sono quelle affiancate dei Santi abbinati: Antonio e Sebastiano, Rocco e Bernardo. A centralizzare la tavola della natività son le altre due dei Santi Vescovi.
Una predella basilare del polittico descrive la serie dei dodici apostoli attorno a Cristo centrale.
L’attuale cornice è fattura dell’anno 1936, copia del polittico Berinzaghi di Lodi (1514 circa) all’Incoronata di Albertino Piazza, con leggera differenza per l’aggiunta della cimasa, di una cornicetta circolare, di un più basso basamento per le pitture a mezzobusto su fondo oro a Lodi.
Anche al più impreparato lettore risultano evidenti due autori distinti: uno più arcaico cui attribuire le figure dell’eterno Padre, dei quattro santi in dimensioni piccole e la serie basale degli apostoli; l’altra più evoluta cultura e aggiornamento pittorico lombardo bergognonesca. Anche la tecnica pittorica è diversa: il quattrocentesco pittore usa la tempera all’uovo, il cinquecentesco è aggiornato nell’uso dell’olio su tavola.
È da attribuire ai Fasolo l’opera: il padre Lorenzo teneva bottega a Genova con il figlio Bernardino e assieme operavano a Savona, Genova, Rapallo.
A testimoniare questa teoria ci pensa il “Dizionario Biografico Treccani” che cita: “Nel 1511 rilevò la bottega del pittore Luca Baudo impegnandosi con la vedova Bianchinetta, sorella del pittore Giovanni Barbagelata, a terminarne le opere incompiute, di questa collaborazione indiretta restano ampie tracce nelle successive opere del Fasolo, in particolare nel polittico di Cassano d’Adda del 1516, recentemente segnalato all'attenzione degli studiosi” (Cataldi Gallo, 1980, pp. 97 ss. e 1986, pp. 52 ss., 57).

Lettura del polittico
Nella piccola cimasa è raffigurato il Padre eterno: autore il padre Lorenzo Fasolo. Ci sono dei rifacimenti: la mano, il rosso, metà superiore degli angeli. Per necessità di adattamento alla cornice, da triangolare la pittura fu ampliata a semicircolare.
Crocifisso: impostato sulla simmetria nella distribuzione dei personaggi. Tutto è tranquillo: il Cristo è già morto e la redenzione dà certezza: tutto è compiuto! Scena piatta, da contemplare, senza tragedia nel panorama dolorante nei personaggi. Il Cristo è classico; gli angeli raccoglitori del sangue nelle coppe sono sereni; bella la figura di S. Giovanni, scadente quella di Maria e discreta quella di Maddalena. Iscrizioni girano nelle aureole dei tre santi: su quella della Madonna: Stabat mater dolorosa.
San Sebastiano: evidente ispirazione umbra peruginesca: Il nudo è il cavallo di battaglia di ogni pittore. Figura in cui c’è dolore umano, ma già allusione alla gloria contemplata; il dolore delle ferite non è sofferto.
Si intravede sotto il colore il disegno già tracciato.
La scritta nell’aureola dice: Quem miram sit gracias Sebastianus.
S. Antonio: figura più realistica e più lombarda, meno piatta e con più volume, decisa influenza del Bergognone e di Luca Baudo contemporaneo, dal quale il Fasolus preleva la bottega della vedova, e che lavora pure in Liguria. Iscrizione dell’aureola: Antoni pastori.
San Rocco: di chiarissima memoria Bergognonesca: sembra quasi una copia di sue opere, realistica figura, caratteristica nello studio psicologico, di evidenti elementi lombardi.
Dicitura dell’aureola: San Rocco fu de Monpolier posente.
San Bernardo: non idealizzato, ma molto realistico: Chiaroscuri che richiamano i leonardeschi. Dicitura dell’aureola: illumina oculos meos ne onquam videant vanitatem.
Due vescovi: da individuare. Impostati in posizione frontale, severi e monumentali. Sulle dei piviali iscrizioni da decifrare. Grande realismo, concreti. I rossi sono molto intensi, ricordano i fiamminghi.
Diciture delle aureole: su una c’è un’iscrizione in greco indecifrabile e, sull’altra si legge: Sit nomen Domini…et usque un se…
I panorami leonardeschi rappresentano simbolicamente, con la tortuosità delle strade, la difficoltà del cammino del cristiano, e con i pastori che pascolano il gregge, la professione del vescovo che è pastore d’anime. Il campo fiorito ricorda il naturalismo della pittura lombarda.
Natività: l’influenza dei pittori leonardeschi basta subito alla vista: Luini, Boltraffio, Solario, Melzi. Corre la memoria alla Madonna delle rocce di Leonardo e il Battesimo di Gesù del Verrocchio per la composizione dei due angeli affiancati a Gesù Bambino.
La descrizione dei prati fioriti dice il nuovo rifiorire del mondo con la nascita del Signore. La lucertola che scorre sul muro indica la possibilità del cammino evangelico.
Composizione asimmetrica derivata da metodi compositivi tedeschi e dal Vincenzo Civerchio cremasco.
La Madonna signorile nel profilo e acconciatura dei capelli è idealizzata. Tutta l’aureola è intrecciata da iscrizioni come la frangia del manto su cui con difficoltà è leggibile, tra arabeschi, Bernardino Fasolo.
S. Giuseppe è più realistico: appare perplesso davanti a quel figlio tanto importante, il buon falegname appare impacciato e non riesce a compiere nessuna azione ad eccezione di un accennato levarsi il cappello in segno di distinto rispetto del Bambino.
Gesù Bambino è pasciuto, roseo, con uno sguardo per nulla infantile e ritratto in una posa decisamente innaturale per un neonato. Sorreggono l’illustre protagonista, due angeli bambini che paiono osservare la Sacra Famiglia con un po’ di timore reverenziale.
Il panorama della natività è originale soprattutto per quel cielo e quella montagna che sembra in eruzione vulcanica: la grande teofania! La Caravella e la figura del viandante? Alludono al viaggio che è la vita.
Predella di Base: serie degli Apostoli.
Abbiamo detto che è composizione più arcaica attribuibile al padre di Bernardino, dipinta a tempera con rosso d’uovo.
Caratteristica del padre sono la doppia aureola dei santi come nell’affresco di Savona e la debole caratterizzazione delle figure oltre la trattazione più piatta con poco volume e chiaroscuro dei panneggi caratterizzati da sfaccettature similari a quelli di Giovanni Agostino da Lodi.
Gli apostoli sono in dialogo a due a due in una ricerca di grande simmetria.
A ravvivare la composizione sono i caldi colori con contrasti rosso-nero sul fondo verde scuro.
Tutto il polittico ha gravi spaccature delle tavole dall’alto in basso ed incurvature. Nel complesso è in buone condizioni di conservazione. È stato restaurato nel 1935 sotto responsabilità della sovrintendenza ai monumenti.
Merita attenzione anche la cornice come impostazione fortemente architettonica, ripetizione del 1935, di quella di Alberto Piazza dell’Incoronata di Lodi che, pur in una tradizione che ne accumuna gli esiti, con altri pittori lombardi del primo Cinquecento, elabora uno schema personale che avrà grande fortuna a Lodi; prototipo che subirà di volta in volta numerose modifiche. Attribuibile a chi? Le cornocupie possono suggerire il nome dei fratelli Daniele e Leonardo Gambarino o quello di Martino Coldiroli intagliatori attivi architetti e scultori con i Lupi, Giovanni Bassiano, Defendino e Stefano.
Interessante storicamente l’iscrizione posta a fregio dorato inneggiante alla vittoria imperiale dell’Italia in Etiopia. Questa nostra cornice esce dalla bottega Casotti di Casalbuttano, artigiano di valore, che per la chiesa di S. Dionigi ha intagliato l’altare della Madonna del Miracolo.
“L'ancona si trovava in origine nell'abside della vecchia chiesa parrocchiale di Cassano, dove è menzionata in tutte le visite pastorali a cominciare dal 1565. Distrutta la chiesa nel 1776, il polittico venne smembrato e nel 1818 G. B. Monti, procuratore amministrativo dei Borromeo, lo acquistò e donò alla nuova parrocchiale di Cassano (Frangi, 1988, pp. 237 s.). Quest'opera evidenzia le principali coordinate della formazione culturale del Fasolo, rivelando sotto alcuni aspetti formali il linguaggio comune con pittori operanti in Liguria in quel periodo, in particolare il padre Lorenzo e Luca Baudo e, al tempo stesso, i suoi forti legami con la cultura lombarda coeva. Legami testimoniati dai frequenti echi dei modi del Bergognone e dai seppur superficiali accenti leonardeschi, probabilmente giunti al Fasolo. sia attraverso i suoi contatti con l'ambiente lombardo, sia per la loro diffusione in Liguria favorita dalla presenza di Marco d'Oggiono (come ha recentemente sottolineato F. Boggero, 1988, pp. 21 s.)” (da Dizionario Biografico Treccani).

Gli affreschi del Miolato
Gaetano Miolato (Verona 1885 - Verona 1965)
Pittore italiano nato a Verona, artista straordinario ed umilissimo morto nel 1965, ha dedicato tutta la vita all’arte ed all’insegnamento. Ha affrescato circa sessanta chiese, tra le quali quelle in diocesi di Cremona: Bozzolo, Pomponesco, Vailate, Ossolaro, S. Sebastiano in Cremona, Vighizzolo, Roncadello, Agnadello e, fuori diocesi: Ostiano (CR) diocesi di Mantova, Erbezzo (VR), S. Eufemia in Verona.
Tra il 1901 e il 1906 fu allievo dell’Accademia Cignaroli; terminati gli studi espose le proprie opere in diverse mostre, tra cui all’Esposizione Internazionale di Milano. Dopo essere diventato socio attivo dell’Accademia Cignaroli venne nominato socio onorario della stessa istituzione a partire dal 1945. Dopo essersi trasferito a Genova, dove svolse un’intensa attività, ritornò alla città natale dove contribuì a fondare la Scuola d’Arte di Castelnuovo del Garda, in cui insegnò.
Tra i suoi lavori, la copertura della volta a botte per la Chiesa di Sant'Eufemia a Verona, per cui realizzò anche la copia della pala d'altare per la cappella Spolverini-Dal Verme in sostituzione di quella dipinta da Giovan Francesco Caroto, e il ciclo di affreschi dell'antica chiesa di Ronco all'Adige dipinti nel 1923.
Una progressiva maturazione artistica lo rende sensibile per la meditazione agiografica spesso oleografica, ma sempre studiata con raffinato gusto decorativo.
È sempre efficace nell’uso dello spazio organizzato sui modelli barocchi nelle cupole, su modelli tardo quattrocenteschi nelle scene più contenute. Lo studio delle composizioni non è molto rigoroso: tende anzi a proliferare in uno spontaneo vitalismo autoriproduttivo e descrittivo che può sfociare nel peggior dei casi in prolissità. Questo suo sistema compositivo ha trovato la sua massima espressione nel pittore Aristide Sartorio, come si vede nel fregio del Parlamento a Roma.
Interessante è il suo usare il colore nei suoi valori timbrici, negli accostamenti e varietà di sfumature, ed anche come organizza il ductus pittorico.
Il colore è sostanzialmente basato su due raffinate intonazioni molto chiare e pastellate, in cui di tanto in tanto immette, con i panneggi delle figure, chiarezze intense in gamme cromatiche trasmutantesi in progressivo accostamento armonico.
Il ductus pittorico al contrario di quanto avviene per i sistemi compositivi e spaziali basati su modelli antichi, è assolutamente moderno e singolare, infatti la magrezza, libertà e regolarità della spezzatura usata (sua pennellata particolare) fanno pensare all’ultimo Cezanne costruttivo e protocubista. Ma questi particolari si perdono al visitatore troppo lontano per la grande altezza in cui sono collocati. Alcune difficoltà tecniche si possono riscontrare negli scorci delle figure umane. Data la rapidità d’esecuzione, le grandi dimensioni degli affreschi, la sostanziale correttezza delle soluzioni spaziali e compositive, il Miolato si presenta pittore di sicuro mestiere e di notevole scaltrezza esecutiva, anche se le soluzioni adottate non sono sempre geniali ed innovative, ma sempre di solida e sperimentata tradizione.

Gli affreschi del Miolato
È doveroso ricordare di un’impresa di arte, di fede che ha tenuto impegnata la comunità religiosa cassanese dal 1935 al 1941: il prevosto mons. Aristide Favalli che sostenne e sollecitò la generosità dei fedeli; il pittore Gaetano Miolato che a Cassano ha realizzato uno dei suoi cicli pittorici migliori; gli insigni benefattori tra cui il Generale Emilio De Bono, l’Ing. Rusca con il comm. Luigi Corsini e tanti parrocchiani che donarono a noi il vanto di una cattedrale.
Bisognerebbe ricordare come era la chiesa nel 1935 per apprezzare l’opera della decorazione (affreschi, pavimenti, zoccolatura, vetrate, polittico, organo) realizzata con gusto e puntiglio da tutta la comunità.
Infatti, la parrocchiale attendeva dal 1897, ricostruita dopo il crollo del 1890, di vestire di colori quelle linee architettoniche tanto ardita, ma spoglie e bianche di sola calce.
Il primo gennaio 1935 mons. Favalli lancia l’idea della decorazione della chiesa e dell’affrescatura, indicendo un concorso per il miglior progetto.
Concorrono il prof. Pietro Verzetti, insegnante di pittura decorativa all’Accademia di Brera, il prof. Severino Bellotti di Bergamo, il pittore Vaiani, il prof. Antonio Passetti insegnante alle scuole d’arte di Varese, il prof. Carlo Paracchini di Milano, il pittore Gaetano Miolato di Verona, che in diocesi di Cremona ha già affrescato la chiesa di Bozzolo, di Pomponesco e Ostiano. È il pittore che affrescherà le chiese di Vailate, Ossolaro, S. Sebastiano in Cremona, Erbezzo e S. Eufemia in Verona.
I progetti sono pronti dal 1934. La Commissione Diocesana d’arte sacra di Cremona composta da mons. Boni, mons. Conti e dal prof. Illemo Camelli, sceglie il pittore Miolato, che presenta il 25 luglio 1935 il progetto complessivo dell’affrescatura di tutta la chiesa, che viene approvato con qualche suggerimento.
Si iniziano i lavori nel 1936: decoratore è il prof. Barbiani.
Nel settembre 1936 il Miolato ha già affrescato il catino dell’abside e la cupola del presbiterio.


Il catino dell'abside
Soggetto principale del catino dell'abside è il Cristo Pantocratore, il  Redentore adorato dagli Angeli, Sta al centro di tutti gli affreschi, è l'alfa  e l'omega, punto di partenza e punto di arrivo; tutto converge alla sua  figura. Chi entra in chiesa per la prima volta, è subito richiamato  dall'imponente figura collocata al centro della tazza dell'abside e  dominante l'intero edificio. È il re dell'universo che porta una corona in  capo e sta seduto sulle nubi del cielo (richiamo alla visione della profezia di Daniele, 7); gli fa da sfondo la luce del sole (nuovo richiamo alla  visione apocalittica) e tiene con la sinistra il mondo, mentre alza la  destra in atteggiamento benedicente.È un pantocratore sereno, dolce nel volto, realizzato con un succoso  impasto pittorico che conferisce plastica evidenza all'immagine. La principale funzione espressiva è affidata agli occhi  grandi e penetranti e alla mano destra che attira l'attenzione nella sua gestualità benedicente. Gli fa da corona una  schiera di angeli in atteggiamento serafico di adorazione, dipinti volutamente in abiti diversi. Ciascuno ha un modello e  un colore proprio, quasi ad identificare in ognuno di essi le numerose categorie componenti la corte celeste: i Troni, le  Dominazioni, gli Angeli, gli Arcangeli, le Potenze, i Cieli, i Serafini, i Cherubini, i Santi, gli Spiriti Celesti ... come li chiama  S. Gregorio Magno. Sono gli angeli dell'Antico e del Nuovo Testamento, dell'annunciazione, della capanna di  Betlemme..... della risurrezione.   Gli angeli assistono il Redentore dalla nascita fino all'apparizione nella gloria, sono i ministri dell'Altissimo, i primi  esecutori dei suoi pensieri. Trattandosi perciò della corte celeste saranno presenti un po' in tutti gli affreschi della  parrocchiale, anche se qui nell'abside occupano un posto privilegiato.


La cupola maggiore sopra il presbiterio
La cupola maggiore copre l'area del presbiterio e s'innalza superba coi suoi 32 metri di altezza rifacendosi, nella sua  impostazione, al concetto architettonico della grande verticalità, spingendo il  fedele o il visitatore a guardare in alto, verso Dio. II tempio è fatto per pregare,  per rivolgere lo sguardo a Dio, al cielo. La cupola si presenta proprio come il cielo religioso: l'abitazione di Dio.  Dall'alto del Paradiso scende la luce ad illuminare tutto il presbiterio. Nel  concetto biblico questa luce è Dio, quel Dio invisibile, che non si vede ma che fa  vedere, proprio come la luce che non si guarda ma che illumina. Lo stesso  concetto è proclamato da Cristo: "lo sono la luce del mondo" ed è ripreso più  volte anche da S. Giovanni l'evangelista: "venne la luce ... quella vera, che  illumina ogni uomo ... " II prof. Miolato sfrutta l'architettura della cupola per  rendere Dio presente negli affreschi: usa la luce bianca che entra dalla lanterna  come simbolo della presenza divina e la mette in evidenza mediante la luce  dorata dei raggi del sole che man mano si propaga sull'intera superficie  illuminandola e facendo emergere, in un cielo trapunto di stelle, l'Immacolata  venerata da tre gruppi di santi. Il soggetto di questa cupola è quindi Dio che mette a nostra disposizione sua Madre l'Immacolata e i Santi titolari di ogni chiesa di ieri e di oggi di Cassano d'Adda La Vergine Maria Immacolata, rappresentata solenne e in fervida preghiera è patrona e  titolare della chiesa parrocchiale. Non si meravigli il lettore se a Cassano, inizialmente, la chiesa era dedicata a S. Zeno e poi a S. Maria perché il cammino per la definizione del dogma, incominciato nel lontano XI  secolo in Inghilterra e in Normandia, ha avuto un travaglio faticoso passato anche  attraverso il concilio di Basilea del 1439. Dopo lunghe dispute teologiche, l'8 dicembre  1854 papa Pio IX ne proclama il dogma e da quel momento, accanto al nome di S. Maria,  compare anche quello definitivo e dogmatico dell'Immacolata.  
Alla sinistra della Vergine spicca il primo gruppo di santi che nella nostra città godono del culto più antico. Sono: S. Zeno, S. Ambrogio e S. Dionigi, ai quali sono state dedicate le prime  chiese edificate a Cassano. S. Zeno è riconoscibile per il pesce che pende dal suo pastorale. Era un vescovo africano, evangelizzatore della città di Verona, contemporaneo di S. Ambrogio  e di S. Dionigi. La devozione nei suoi confronti è dovuta probabilmente al culto popolare che lo vede protettore dalle inondazioni e "padre dei poveri", pronto a sfamare i pescatori e coloro che lavorano sui fiumi. Verona, del resto, lo  ricorda per i miracoli compiuti in occasione delle alluvioni dell'Adige. Il pesce  che pende dal suo pastorale è richiamo certamente del primitivo simbolo  cristiano, ma anche del "padre dispensatore di cibo", di verità, di lavoro e  quindi di fortuna e di benessere. Il pittore Miolato colloca S. Zeno nella cupola  maggiore molto probabilmente perché è il primo patrono della parrocchiale,  come si desume da un documento del 1206 che cita tutte le chiese della zona. S. Ambrogio e S. Dionigi lo abbiamo visto perché sono qui affrescati.
Alla destra della Vergine il Miolato dipinge un secondo gruppo di santi,  titolari di altre chiese cassanesi. Sono: S. Aquilino martire, S. Carlo  Borromeo il cardinale, S. Celso e S. Nazzario. I santi Celso  e Nazzario  sono altri martiri milanesi. Scarse sono le notizie  sulla loro vita, quasi tutte leggendarie. Le più credibili sono quelle  tramandate da Paolino, biografo di S. Ambrogio. Di storico c'è sicuramente  un documento del 965 (il Codice Diplomatico Cremonese) che attesta la  presenza di una chiesa intitolata a S. Nazzario nel territorio di Cassano.  Questo oratorio si trovava sulla vecchia strada per Trecella, l'attuale Viale  delle Rimembranze, ma di esso, attualmente, non rimane traccia.
In posizione diametralmente opposta a quella della Vergine Immacolata, il pittore dipinge l'ultimo gruppo dei santi patroni cassanesi. Si  distinguono chiaramente: S. Bernardino da Siena, S. Antonio da Padova  e S. Rocco. S. Bernardino è raffigurato in ginocchio con l'inconfondibile tavoletta  teologica. Ne 1417 creò il monogramma del nome di Gesù, IHS, inscritto  nella luce del sole. Anche a Cassano esisteva un oratorio a lui dedicato  menzionato in alcuni documenti del 1470, 1599 e 1611 nei quali è  descritto come " ... antica chiesa posta ad oriente sulla riva dell’Adda. È  abbastanza ampia. Sulla facciata a destra c'è una campanella ...  Internamente ci sono dipinti ... Non ha soffitto in muratura ma travi con  tavole di legno dipinte ... "S. Antonio; vedi chiesa sia a Cassano che Oratorio a Groppello. Chiude il ciclo degli affreschi della prima cupola, il pellegrino S. Rocco col fedele cane, suo compagno di viaggio.
Le fonti che parlano di questo Santo sono molto scarse nonostante sia uno dei più venerati dal popolo. La sua fama è  legata sicuramente ai miracoli operati sui malati di peste ed è proprio in occasione della peste del 1578 che a Cassano  viene edificata una piccola chiesa nella piazza principale, precisamente nel luogo occupato dalla attuale calzoleria Lonati. I documenti la ricordano piccola, di forma quadrata, col soffitto a volta, col cancelletto di ferro sulla facciata.

La chiesa Parrocchiale S. Maria Immacolata e San Zeno
Renato Siesa
www.vivicassano.it
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